venerdì 28 ottobre 2011

L'Affare del Diamante Blu.

Potrebbe sembrare la storia inventata di un libro o di un film giallo solo che a differenza di quanto generalmente accade in questi casi la realta' non ha un buon finale. Nella realta' del Blue Diamond Affaird centinaia di migliasia di persone che pagano quello che molto probabilmente e' stato fatto da pochi. Il caso del Diamante Blu e' diventato uno scandalo politico e uno scontro diplomatico con alti e bassi ma senza alcuna possibilita' di scorgerne una fine. Ma andiamo con ordine.
Il caso e' un fatto che risale a circa due decenni fa, nasce fra la fine di giugno e gli inizi di agosto del 1989 quando un giardiniere e guardiano thailandese, Kriangkrai Techamong, sali' nel palazzo di Riyadh di un principe ereditario saudita, Faisal ibn Abdul Aziz al Saud, figlio di re Fahd, attraverso una finestra al secondo piano, ruppe il vetro, entro' nella camera, apri' la cassaforte con un cacciavite e rubo' circa 90 kg. di gioielli, che nascose in un aspirapolvere. Una persona dell'ambasciata saudita disse al Washington Post che il giardiniere si era appropriato di rubini aventi le dimensioni di uova di gallina, insieme a un enorme, quasi perfetto, diamante blu di 50 carati che era uno dei piu' grandi diamanti blu del mondo. Il furto poteva essere quantificato in 20 milioni di dollari.
Dopo la rapina dei gioielli il giardiniere, Kriangkrai, spedi' i gioielli per posta aerea, tramite la DHL, alla sua casa nel nord della Thailandia, a Lampang.
Kriangkrai torno' in Thailandia e nasconse il bottino seppellendolo in un terreno di sua proprieta' e inizio' a vendere gli oggetti singolarmente a $ 30 l'uno.
Molto probabilmente un grosso gioiellere thailandese, Santi Sithanakan, venne a conoscenza del fatto e compro' la maggior parte delle gemme di Kriangkrai.
Questo a grandi linee l'inizio della storia almeno stando a quanto risulta dai giornali thailandesi del periodo e secondo le dichiarazioni dell'incaricato d'affari dell'Ambasciata Saudita. Diverso il giudizio del Dipartimento di Investigazione Speciale di Thailandia, un corpo di polizia che e' abbastanza simile all'FBI che dice che non ci sono prove per confermare tutto questo e che asserisce che non e' neppure certo che esistano diamanti piu' grandi del Diamante della Speranza e che quindi il diamante potrebbe essere solo una leggenda non verificata.
Al-Besri, console, e altri due diplomatici, Albahli e Alsaif sono assegnati dall'Arabia Saudita a indagare sull'ormai ben noto scandalo del diamante saudita. In novembre anche Saleh Abdullah al-Maliki, diplomatico dell'Arabia Saudita, terzo segretario dell'ambasciata saudita a Bangkok, vicino alla famiglia reale saudita viene incaricato di indagare. A questi nel novembre si aggiunge Mohammad al-Ruwaili, un uomo d'affari saudita, anch'egli vicino alla famiglia reale saudita, che si reca a Bangkok per lo stesso motivo.
Il 4 gennaio 1990 Al-Maliki, 35 anni, e' ucciso davanti alla sua casa in Soi Pipat 1 fuori Sathon Road, mentre stava camminando. Non si sa' chi sia l'assassino ma secondo il New York Times due organizzazioni rivendicano l'omicidio i Soldati di Giustizia e l'Organizzazione della Santa Guerra nella Hejaz.
Il governo saudita, grazie alle sue indagini riesce a dare alcune dritte alla Thailandia su Kriangkrai, non ci volle molto altro perche' la polizia thailandese comandata dal tenente generale Kerdthes Chalor giunga ad arrestarlo e arrivi al recupero di molti dei gioielli, non prima pero' che lui ne avesse venduti alcuni, di valore inestimabile, per soli 30 dollari a pezzo. Kriangkrai fu condannato a sette anni di prigione, una pena mite perche' aveva confessato.
Il console, Al-Besri, e' ucciso in Bangkok. Solo dieci minuti dopo altri due diplomatici sauditi Fahad AZ Albahli, un addetto d'ambascita e Ahmed A Alsaif, un operatore telex - sono assassinato nella stessa citta', sono i tre uomini visti sopra, a cui l'Arabia Saudita aveva affidato l'incarico di indagare sulla scomparsa dei gioielli. Gli omicidi hanno tutta l'apparenza di esecuzioni. Secondo un gruppo di dissidenti iraniani i tre sono sospettati di far parte dei servizi sauditi, e' il primo febbraio 1990.
Il 14 febbraio 1990 l'uomo d'affari saudita, Mohammed al-Ruwaili, che pensava di aver capito chi aveva effettivamente rubato i gioielli, scompare.
Nonostante le insistenze del Dipartimento di Investigazione Speciale di Thailandia non c'erano prove che gli omicidi e i rapimenti fossero collegati al furto, l'ex incaricato d'affari saudita, Mohammed Khoja, fu irremovibile, racconto' al Bangkok Post nel 1995 che gli omicidi, la rapina e il furto erano collegati.
Non c'è da meravigliarsi che dopo tutti questi avvenimenti Khoja abbia anche detto che c'era una maledizione sul diamante blu e che chiunque lo detenesse illegalmente porta su di se una maledizione, cosa a cui molti thailandesi credono fermamente.
Nel marzo la polizia thailandese in una cerimonia publica restituisce le gemme che non erano ancora state vendute da Kriangkrai in una visita ufficiale in Arabia Saudita. I thailandesi speravano a questo punto che lo scandalo fosse finito e che i rapporti fra i due paesi potessero tornare normali, in realta' lo scandalo era appena cominciato. Non ci volle molto perche' l'Arabia Saudita potesse sostenere che la maggior parte dei beni restituiti erano gingilli ben imitati, ma sicuramente di poco valore e che mancava il gioiello piu' importante il Diamante Blu. I principali sospettati secondo i sauditi facevano parte della polizia thailandese.
I Sauditi declassarono le relazioni diplomatiche con la Thailandia e spedirono nel paese un duro uomo d'affari, Mohammed Said Khoja, per vedere se puo' recuperare i gioielli che appartengono alla famiglia reale saudita. Khoja indaga e si convince che il gioielliere Santi e' la chiave del gioco, secondo lui il gioielliere e' la persona che ha cambiato le pietre originali con i falsi. Per quanto riguarda gli omicidi Khoja non entra' nei dettagli dice che e' strano che tutti e quattro gli uomini erano stati incaricati di recuperare i gioielli e lui pensa che siano stati uccisi perche' erano arrivati a informazioni importanti.
Fu ucciso un poliziotto thailandese. La polizia disse che non era collegato con i gioielli e promise di intensificare le indagini.
E' a questo punto che i sauditi si convincono che la polizia thailandese e' coinvolta nel furto e che c'e' in corso una vasta azione di copertura da parte sua e che i gioielli sono stati distribuiti fra importanti persone dell'alta societa' thai.
Per aggiungere la beffa al danno, la stampa thailandese riporto' voci e foto di mogli di burocrati, generali, politici tailandesi che indossavano collane di diamanti nuove ad un gala di beneficenza e gareggiavano a chi poteva mostrare la piu' bella, il problema era che i gioielli indossati da quelle gentildonne erano del tutto simili a quelli rubati ai reali sauditi. Le immagini furono mostrate a funzionari sauditi che confermarono la somiglianza. Le grandame thailandesi, tuttavia negarono l'autenticità dei gioielli. Avvistamenti di gioielli sospetti si verificarono anche a un evento della Croce Rossa. La foto con la regina Sirikit e' considerata una montatura e non viene neppure presa in considerazione nelle trattazioni serie. 
Nel giugno del 1991 dopo insistenti pressioni di Riyadh la polizia riapre il caso, come per miracolo, la polizia scopre alcuni dei gioielli, che vengono restituiti, e accusa quattro civili di ricettazione.
Inutile dire che per l'Arabia Saudita quella era una beffa terribile, il paese arabo si rifiuto' di rinnovare il visto di più di 250,000 lavoratori thailandesi e di rilasciare ulteriori visti ai cittadini thailandesi, in tutto rimasero in Arabia Saudita 10,000 thailandesi, cio' causo' forte perdite alla Thailandia dato che venivano a mancare milioni in rimesse ogni anno, un calcolo parlo' di 500/700 milioni di dollari.. Tra le vittime di tutto questo non ci furono solo i lavoratori, la vicenda ebbe forti ripercussioni sulle migliaia di musulmani della Thailandia del sud che non potranno piu' fare il loro haj, cioe' il pellegrinaggio alla Mecca, le loro domande saranno rifiutate per lungo tempo. L'Arabia Saudita inoltre proibi' ai suoi cittadini di recarsi in Thailandia come turisti. Nabil Ashri, il corrente incaricato d'affari saudita, disse che queste decisione di diminuire le relazioni fra i due paesi fu dovuta a ragioni di sicurezza e causata dai ripetuti fallimenti delle autorità thailandesi nel risolvere il caso in modo adeguato.
Sotto la pressioni esercitate dall'Arabia Saudita, la Thailandia contino' a indagare sul caso, anche se forse non nel modo in cui l'Arabia Saudita avrebbe sperato. Nell'agosto del 1994 Santi Sithanakan, grosso gioielliere tailandese di Bangkok, che Khoja credeva dietro l'affare dell'imitazione dei gioielli viene rapito e torturato dalla polizia su ordine di Chalor. Solo due settimane piu' tardi la moglie e il figlio di Santi di 14 anni, dopo testimone principale del governo vengono trovati morti, picchiati e insanguinati nella loro Mercedes fuori Bangkok. Agenti della polizia forense thailandese dichiarano che la morte era dovuta a un'incidente stradale, ma Khoja non ne era convintoe dichiaro' al Washington Post: "Il comandante forense pensa che siamo stupidi. Questo non è stato un incidente."
Dopo quanto successo alla famiglia Santi Sithanakan ha paura e si nasconde. Si pensa che abbia cercato di pagare un riscatto per la sua famiglia, ma ovviamente qualcosa ando' storto.
Il mese dopo due generali di polizia, dei 18 poliziotti coinvolti nel caso delle gemme, furono licenziati.
Poco dopo viene rilasciato Kriangkrai Techamong, la persona che in Arabia Saudita ha rubato i gioielli. Fu rilasciato dopo aver scontato due anni e sette mesi per ricettazione dopo aver ricevuto due indulti reale
Nel 1995, Chalor Kerdthes, un tenente generale che aveva guidato le prime indagini e consegnato le gemme false in Arabia Saudita, fu arrestato dalla polizia thailandese, trovato colpevole in tribunale e accusato di aver ordinato gli omicidi della moglie del gioielliere e del figlio. L'alto ufficiale di polizia si difese contro le accuse ma la Corte Suprema tailandese lo trovo' colpevole e lo condanno' a morte. La polizia rivelo' anche che erano stati quattro gli uomini che avevano commesso gli omicidi, e che essi avevano dichiarano di aver chiesto un riscatto di 2,5 milioni di dollari al gioielliere ma l'ordine della polizia fu di uccidere moglie e figlio.
A complicare ulteriormente il mistero, la statunitense Fondazione per la democrazia in Iran, affermo' in un rapporto del 1996 che gli omicidi di diplomatici sauditi nel 1990 furono eseguiti da gruppi iraniani, il Dipartimento di Investigazione Speciale di Thailandia che prese il caso dalla polizia thailandese nel 2004, disse che qualsiasi collegamento iraniano agli omicidi non aveva nessun fondamento, doveva cambiare idea in seguito, infatti nel 2009 emette un mandato di cattura per "Abu Ali" accusato dell'omicidio di uno dei diplomatici sauditi, questo fatto ha alimentato la speculazione sui forum e nella blogosfera di un coinvolgimento del Medio Oriente. Pur avendo poche prove concrete su Abu Ali, un team del Dipartimento di Investigazione Speciale di Thailandia si reco' al quartier generale dell'Interpol in Francia alla fine di gennaio per chiedere all'organizzazione internazionale di polizia un aiuto per catturare il sospetto. In realta' ci sono voci importanti che si chiedono se Abu Ali sia mai esistito.
Nel 2001 la condanna a morte contro Chalor non viene eseguita e a tutt'oggi lui si trova in prigione, dove ha messo insieme una band e registrato una cover thailandese di Elvis Presley "Jailhouse Rock". Chalor continua a sostenere la sua innocenza.
Nel 2002 Chalor Kerdthes e' in prigione da sette anni, viene aperto un  nuovo processo e viene trovato colpevole dal tribunale anche il maggiore Thanee Sridokaub, di 45 anni, che e' condannato per lo stesso delitto. Entrambi sono riconosciuti colpevoli di sequestro di persona, il gioielliere tailandese, che aveva falsificato le gemme. A Chalor vengono inoltre confermate le accuse precedenti, di aver collaborato nell'omicidio della moglie e del gioielliere e del figlio di 14 anni, dopo una richiesta di riscatto di 2,5 milioni dollari su cui non si era trovato accordo. Questo ovviamente significava che la polizia invece di cercare di risolvere il caso si era divisa le ricchezze, conclusione a cui era arrivato in un primo tempo il tribunale penale di Bangkok.
Due anni dopo, nel 2004 Il Dipartimento per le indagini speciali, che dipende dal ministero della Giustizia, interviene e rileva le indagini per l'omicidio degli arabi dalla polizia.
Kerdthes Chalor con altri sei ufficiali e' condannato a 20 anni per aver rubato i gioielli.
Nel settembre del 2007 una nuova squadra di investigatori del Dipartimento per le indagini speciali, sotto Colonnello dell'Esercito Piyawat Gingkaet apre una nuova indagine. Nessuna persona che facesse parte della polizia al momento dei fatti viene nominato nella squadra.
Il 2008 e' dedicato a vedere se e' possibile un rilassamento nelle relazioni fra Thailandia e Arabia Saudita. In marzo il ministro degli Esteri, Noppadon, dichiara che la Thailandia avrebbe intenzione di normalizzare le relazioni con l'Arabia Saudita, e che pensa che sarà possibile una volta che il caso Blue Diamond sara' risolto. Lo stesso mese due esperti musulmani che hanno un buon rapporto con l'Arabia Saudita sono nominati consulenti degli investigatori del Dipartimento per le indagini speciali, con essi dovranno seguire il caso.
Nell'aprile il ministro della Giustizia, Sompong Amornwiwat, visita Chalor Kerdthes in carcere, ci sono alcuni sospetti che egli possa coinvolgere alcuni ex capi della polizia. Il mese seguente, in maggio, Kriangkrai, il ladro, che ora vive in una casetta di legno, compra un trattore nuovo, restera' sempre poco cbiaro dove abbia preso i soldi.
Il direttore del Dipartimento per le indagini speciali, Thawi, riferisce che il 90% delle indagini è stata completata.
Nel gennaio del 2009 L'incaricato d'affari thai in Arabia Saudita, parla di rinnovato impegno da parte del governo Abhisit per normalizzare i rapporti diplomatici con l'Arabia Saudita, risolvendo il caso del furto del Diamante Blu, l'omicidio di tre diplomatici sauditi nel 1989 e il caso della scomparsa di un uomo d'affari saudita nel 1990.
In agosto il Dipartimento per le indagini speciali pensa di aver prove sufficienti per accusare Abu Ali, che al momento e' solo sospettato dell'omicidio di Abdullah Aal-Besri, il primo dei tre diplomatici sauditi colpito a morte il 1 febbraio, 1990. La polizia elenco' anche tre possibili motivi per le uccisioni: un conflitto di interessi riguardante l'invio di lavoratori thailandesi in Arabia Saudita, l'esportazione illegale di marijuana, sandalo e olio in Arabia Saudita attraverso l'abuso di privilegi di immunità diplomatica e un conflitto tra bande di tipo mafioso a Pattaya. Il motivo dei gioielli della corona era completamente sparito.
A questo punto Abhisit Vejjajiva, non ha un comportamento proprio diplomatico e sembra quasi voler gettare sale su una ferita, arriva a dichiarare tranquillamente che l'addetto saudita Ashri non riesce a capire la legge thailandese. Abhisit parlo' di uno statuto del 2007, passato dai militari che dava l'aministia a tutti gli ufficiali governativi che potevano essere accusati e incorrere in provvedimenti disciplinari. Nel 2009 il signor Abhisit promette di reinvestigare gli omicidi.
Il 10 gennaio del 2010 l'ufficio del Procuratore generale indica che il capo della Regione 5 di Polizia 5, Somkid Boonthanom, più 4 poliziotti erano complici per la scomparsa di Mohammad al-Ruwaili, probabilmente ucciso nel 1990. Tutti e cinque ufficiali, tuttavia, negano le accuse e hanno giurato di combattere in tribunale. L'ufficiale piu' elevato del gruppo, Somkid Boonthanom, ha accusato i politici per l'arresto, e ha detto a The Nation che ci sono fattori e pressioni esterne intimidatorie che operano su polizia e tribunali. I cinque poliziotti thailandesi sono arrestati e accusati di un omicidio crescono cosi' le speranze che alcune domande di quello che e' diventato noto in Thailandia come il Blue Diamond Affair possano finalmente avere una risposta. Cio' per la Thailandia potrebbe significare un miglioramento delle relazioni diplomatiche fra i due paesi, cosa di non poco conto se si pensa che prima del verificarsi di questo fatto erano centinaia di migliaia i thailandesi che lavoravano nella ricca Arabia Saudita, e che sono stati lasciati a casa per quanto successo. Il caso per la legge thailandese e' entrato in prescrizione il 12 febbraio 2010, oltre questo limite la polizia thai non puo' piu' indagare sul caso. Sono scaduti i termini per investigare su questo crimine e i thailandesi hanno ben poche possibilita', a questo punto, solo al governo saudita, sara' possibile giudicare se gli sforzi fatti dalla controparte per arrivare a una conclusione sono stati sufficienti e ci possa essere una normalizzazione delle relazioni.
Cosi' sono passati vent'anni per giungere, forse alla fine di un caso che sembra avvincente come un un thriller, ma resta da vedere cosa succedera' nei capitoli finali. Ashri disse che se il caso fosse stato risolto, l'Arabia Saudita avrebbe dovuto "prendere seriamente in considerazione il ripristino delle relazioni" e che era contento per i recente "seri sforzi da parte del governo thailandese."
Poi vienne la lista di promozione annuale dei funzionari statali, ed ecco, che il generale Somkid è nominato al grado di assistente capo della polizia, un fatto che non è sfuggito all'attenzione di Nabil Hussein Ashri.  L'inviato, egli è livido nel vedere una proposta di promuovere un generale della polizia thailandese, che è accusato in uno casi di omicidio riguardante il caso dei gioielli. Egli trova inspiegabile che un governo che afferma di voler ricucire i rapporti con l'Arabia Saudita possa tentare di nominare il Generale Somkid Boonthanom come assistente capo della polizia.
La prima reazione del governo saudita e' una dichiarazione in cui dice che non sara' mai incline a mettersi sia il furto dei gioielli che l'omicidio di cittadini sauditi dietro le spalle e dimenticare il passato. La Thailandia si scusa ma questo non ha senz'altro addolcito i sauditi.
Il 22 settembre, coloro che sperano in un ripristino amichevole delle relazioni fra i due regni vedono un barlume di speranza. In una conferenza stampa, il generale Somkid disse che avrebbe rifiutato la promozione che gli era stata offerta, se cio' rappresentava un mezzo per evitare le tensioni. "La sua decisione renderà più facile risolvere il problema tra la Tailandia e Arabia Saudita", ha detto il vice primo ministro di Thailandia. Meno di un giorno prima, l'ambasciata saudita aveva ricominciato a concedere i visti ai primi cittadini  thailandesi.
Sono passati 20 anni e i sauditi insistono nel voler indietro i loro gioielli e che i veri responsabili degli omicidi siano assegnati alla giustizia, le relazioni fra i due governi rimangono tese.
Il 22 marzo del 2012 ci fu la prima udienza del processo contro Somkid e 4 altri ufficiali accusati nel gennaio 2009.
Attualmente il furto e' costato alla Thailandia miliardi di dollari, ha lasciato una scia di morti e ha fatto incarcerare un funzionario thailandese nel braccio della morte.
Il New York Times, una volta lo defini' "il più grande scandalo nella storia della polizia nazionale thailandese."



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