Il mio primo viaggio in Thailandia avvenne nel lontano
1984. Tutto ciò che sapevo allora erano notizie dei giornali che comunicavano,
di tanto in tanto, l’arresto all’aeroporto di qualche italiano in possesso di
eroina. Il mio approccio alla Thailandia fu perciò dominato dalla paura,
ingigantita dall’afa e dallo smog e dalla perenne sensazione di stare per
soccombere a qualcosa di ignoto. Negli anni seguenti son ritornato spesso e
alla fine devo confessare che sono stato vinto dal fascino della Thailandia e
di Bangkok in particolare.
Ma ciò che più mi ha interessato non è la Thailandia dei
grandi templi e del Buddismo, quanto quella dei templi di Phimai e di Prasat
Panom Rung; più che le bellezze naturali di Phuket o Ko Samui sono la piana
sconfinata dell’Isaan e la visione delle risaie a rapire il mio occhio. Mi sono
sempre chiesto perché si stava trascurando un così immenso patrimonio.
Mi sono sempre interessato al modo di vivere e pensare
della gente thailandese, quella comune, quella che silenziosamente popola le
centinaia di corriere che corrono in lungo e largo per il paese, quella che
lavora e fatica a sbarcare il lunario, quella che ha animato le lotte per la
democrazia e i diritti più elementari, quella che con molta umiltà fa il wai,
quella che ti sorride perché non ti conosce. Allo stesso modo ho sempre cercato
di studiare le contraddizioni tra aree interne e aree sviluppate di questa
nazione, leggendo con grande puntualità i giornali in lingua inglese, cercando libri
che mi potessero aiutare a comprendere questa realtà sociale e umana molto
distante dal modo di pensare e vivere europeo e italiano in particolare.
Da turista devo confessare che non è stato semplice,
nonostante sia molto facile viaggiare in Thailandia e nonostante la gente
mostri sempre una grande disponibilità verso il turista. L’incontro che ho
avuto con alcuni libri mi ha fornito una chiave interpretativa della realtà
thailandese estremamente preziosa e importante. Mi hanno fornito, oltre che un
prezioso bagaglio di conoscenze, anche un nuovo modo di guardare la realtà
sociale e storica e la vita individuale delle singole persone.
Vorrei citarne solo alcuni People of Esarn e Monsoon
Country di Pira Sudham, In the Mirror, un’antologia di storie brevi curata da
Benedict Anderson, e Inside Thai society di Niels Mulder. Il primo autore che
ho incontrato è stato Pira Sudham, quello delle storie brevi di People of Esarn
e di Siamese Drama. I personaggi dei suoi racconti sono i contadini che vedono
i loro figli scappare, la ragazza che va in Europa, il giovane che per studiare
e sollevarsi dalle condizioni misere del suo villaggio diventa accolito, il
sicario, braccio armato di qualche potentato economico. Il modo di pensare dei
suoi personaggi, e talvolta qualche personaggio stesso, lo si può rintracciare
nella gente che il turista comune incontra durante il suo viaggio in
Thailandia. Sembrano delle persone diventate personaggi letterari, possiamo
sentire nella nostra pelle quello che essi sentono nella loro: la gioia delle
piogge abbondanti, la rabbia covata e inesprimibile, l’amore per la propria
terra e l’impossibilità di viverci, la vicinanza alla terra e agli animali, la
saggezza di un vecchio bufalo. Con Pira Sudham ho dovuto rileggere la storia di
tante persone incontrate, ho viaggiato in un territorio che ho visto in realtà
attraverso i suoi occhi, ho rivissuto, attraverso Prem e Kumjay di Monsoon
Country, la storia contemporanea della Thailandia e i riti religiosi della
gente dell’Isaan.
Mi è sembrato perciò naturale chiedermi se questa
esperienza personale non potesse essere utile a dare una nuova immagine della
Thailandia e della sua gente, a leggere quello che realmente sta scritto in un
sorriso. Perché non provare a dare una voce anche in Italia a persone che di
solito compaiono solo negli scoop televisivi e nelle cifre dell’AIDS, come pure
nelle cifre della macroeconomia? In fondo provengo da una terra, l’Alta Murgia
del Nordovest in Puglia, che per anni ha vissuto molte delle contraddizioni che
vive l’Isaan, quali lo spopolamento delle campagne, l’emigrazione verso i
grandi centri industriali e verso l’Europa, il degrado del territorio, un
depauperamento di storia e di risorse ambientali, culturali e produttive senza
eguali. Sia nell’Alta Murgia come nell’Isaan il territorio è sempre più preda
di speculatori senza cuore. Un processo che, nell’Alta Murgia e nel Meridione
Italiano come nell’Isaan Thailandese, è causato da un’interpretazione di
“sviluppo” che è antitetica al riconoscimento delle proprie tradizioni, della
propria storia.
Ma nell’Isaan e nell’Alta Murgia non sono solo gli
speculatori ad operare. Esistono esperienze di base che si oppongono a tutto
ciò e lavorano su progetti per molti versi simili. Il progetto di “Torre di
Nebbia”, associazione culturale nonché piccola casa editrice, è il tentativo di
fermare questo degrado e di riappropriarsi di un territorio inteso come
ambiente, come patrimonio di risorse culturali e produttive, e con esso delle
proprie radici.
Tradurre in italiano People of Esarn per una piccola casa
editrice quale “Torre di Nebbia”, che da anni lavora nell’Alta Murgia, ha
significato provare a creare un legame concreto tra questi due territori, tra
due popolazioni, tra due progetti, molto differenti tra loro per storia, per
tradizioni, per cultura, molto simili per la voglia di riscatto che li anima.
Questo gemellaggio ideale tra due terre continua
attualmente con un’altra casa editrice, BESA, che ha nel suo catalogo varie
opere di autori e voci provenienti dal sud del mondo, come il Portogallo,
Albania, Cuba, Argentina, Paesi Balcanici. BESA ha tradotto e pubblicato “La
terra dei Monsoni” di Pira Sudham, che sta riscuotendo un discreto successo in
Italia, con l’intenzione di fornire al lettore italiano un’immagine della Thailandia
e del Sudest asiatico, tutt’oggi completamente assenti dal panorama editoriale
italiano. E’ un impegno questo che si prefige di presentare quanto prima altri
scrittori thailandesi e di tutta l’area del sudest asiatico. Non si vuole
puntare il dito sulle piaghe sociali degli altri, quanto fornire strumenti di
interpretazione della realtà thai al lettore e al turista italiano, cercando in
tal modo di modificare quella visione particolare che vede nella Thailandia la
terra non tanto del sorriso quanto dell’ammiccamento.
A tal fine ci sono molti altri autori thai che mi
interessano, comparsi anni fa in una bellissima antologia di storie brevi della
Duang Kamol, In the mirror. Molto tempo è passato e molto è stato tradotto, ma
devo confessare che questo libro è stato preziosissimo, sia per gli autori che
ha introdotto e per l’interpretazione storica che ne ha dato, sia per
l’introduzione storica che fa degli anni che vanno dal ’60 al fine anni ’70.
Come si può notare, il mio interesse va verso quella letteratura
che interpreta criticamente la società presentandone talvolta aspetti anche
scabrosi. Mi è sempre parsa animata dalla voglia di non accettare lo stato di
cose presenti e da un grande amore per la gente di questa terra, anche se in
molti autori è evidente l’intento didascalico, in parte legato all’impegno
politico di quegli anni. In questo senso non esiste una discontinuità tra
questi autori del movimento “Arte per la vita” e il Pira Sudham dei racconti,
sia per molti dei temi trattati, sia per le denunce sociali, sia per l’intento
comunque didascalico. La discontinuità invece nasce sull’uso della lingua
inglese e sulla particolare visione duale del mondo che traspare da tutta
l’opera di Pira Sudham e da La Terra dei Monsoni in particolare. La scena su
cui si muovono i suoi personaggi non è più solo Bangkok; la tensione che li
investe non è più solo la denuncia sociale. L’intento della scrittura non è più
quello di educare il lettore thai. I suoi personaggi sono ora combattuti e
dilaniati da due tendenze opposte: accettare il richiamo dell’occidente (che
non è più solo la presenza americana ma è anche il fascino della
modernizzazione e di una cultura più democratica) e del suo stile di vita o
tornare alla placidità del villaggio, del distacco predicato dal Buddismo e,
allo stesso tempo, provare in qualche modo a cambiare la dura realtà della
corruzione e dell’ingiustizia.
Di questa società in transizione certo altri autori sono
testimoni e credo che molti possano essere presentati al lettore italiano, nonostante
alcuni grossi problemi di traduzione che si possono porre.
A tal fine sto lavorando ad una antologia di storie brevi
di scrittori dal golfo del Siam tra i quali ci saranno alcuni scrittori Thai,
altri malesi e di Singapore. L’intento certo non è di dare un’immagine completa
di quest’area geografica o delle varie letterature. Si vuole bensì dare un’idea
della complessità che la anima, una complessità fatta di razze, di scritture,
di società differenti, di religioni, di problematiche che l’attraversano, di
storie e culture che di volta in volta si sono affacciate nelle varie epoche
della sua storia e che si sono qui sedimentate. E’ una complessità che rende
questa area unica al mondo e degna di essere presentata nel panorama editoriale
italiano, che è in notevole ritardo, nonostante la loro crescente importanza
tra le economie emergenti del mondo, nonostante un forte flusso turistico
italiano verso la Thailandia e i notevoli scambi commerciali tra i nostri due
Paesi.
Mi sembra perciò estremamente importante questa
Conferenza Internazionale di Studi. E’ una splendida occasione per favorire
così una conoscenza e comprensione più profonda tra i popoli italiano e
Thailandese. Non si possono lasciare ai soli rapporti economici e al mercato
dei compiti che sono in primo luogo delle istituzioni e delle associazioni
culturali anche per non ingenerare così quelle visioni stereotipate che fanno
dell’Italia il paese della moda, degli spaghetti e del calcio, e della
Thailandia il paese delle belle spiagge e del divertimento a basso prezzo.
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