La tipica foresta tropicale sempreverde o pluviale si trova dal livello del mare fino ai mille metri di altitudine in aree con almeno 2000 mm, di precipitazioni annue, e’ piuttosto rara in Thailandia, la si trova quasi esclusivamente al sud. piu’ comune e’ la foresta semipluviale e quella sempreverde secca , che spesso si associa al bambu’, ad alberi decidui e radure. La foresta sempreverde di montagna, caratterizzata da un basso livello di “volta” (La vera foresta pluviale possiede quattro piani di fogliame e raggiunge i 60 metri di altezza), si trova nelle provincie di Chiang Mai, Chiang Rai e Mae Hong Son. Gli alberi dominanti sono le quercie e i castagni; orchidee, muschi, felci e epifite (liane) sono comuni in queste umide foreste nebbiose. Nel nord si trovano anche ridotte aree di conifere e, quando non sono state introdotte da recenti romboschimenti, esse, sono i resti di una fascia molto piu’ ampia di una fascia molto piu’ ampia di antiche conifere esitenti all’epoca del freddo Pleistocene, le foreste decidue (o caducifoglie) sono il genere piu’ diffuso in Thailandia, in particolare al Nord. Si trovano in aree che presentano sdtagioni piu’ pronunciate e le erbe e gli arbusti, che nascono alla base degli alberi, facilmente prendono fuoco durante la stagione secca.Vi penetra piu’ luce che nelle foreste tropicali, di conseguenza il sottobosco e’ piu’ fitto e fornisce una nicchia ecologia a un gran numero di animali. Gli alberi dominanti sono diverse specie di dipterocasrpe, fra queste il teak e’ la piu’ famosa.
Nel tempo tutte le foreste della Thailandia sono state disboscate per usi agricoli, ma in anni recenti il fragile cilo di disboscamento/crescita e’ stato infranto. Il ritmo della deforestazione e’ andato accellerando rapidamente a partire dalla prima decade del Novecento e sempre piu’ velocemente dagli anni Settanta. Secondo dati ufficiali nel 1961, l’intero paese eras coperto per il 51% da forestenel 1986 ne era rimasto solo il 29%. Il Nord che nel 1961 aveva il 68,54% del territorio coperrto da foreste ha visto tale dato ridursi al 49,59% nel 1985. Non si tratta di un problema loale visto che le foreste del Nord proteggono le sorgenti dei principali affluenti del Chao Phraya, l’esposione delle sorgenti puo’ causare pericolose inondazioni in aree vitali della nazione.
Alla base di questo catastrofico declino del manto forestale ci sono tre cause principali:
il taglio illegale e no dei bosci,
il metodo di coltivazione utilizzato dalle tribu’ della montagna che abbattono e bruciano tratti di foresta,
l’invasione da parte di coloni abusivi.
Nel 1979 il Royal Forest Department ha permesso ai coloni abusivi di reclamare fino a 50 rai (circa 200 acri) di terra ciascuno. Il risultato e’ stata l’occupazione dal 1961 all’85 di 124,575 kmq. di territorio forestale sopratutto nel Nord e nel Nordest.
Se poco si e; afatto per prevenire la deforestazioneancor meno si fa per recuperare e rimboschire le aree andate perdute. Con la foresta e’ scomparsa anche la fauna che ci vive.
Un barlume di speranza viene offerto dal coinvolgimento dell’opinione publica thai.
Un buon esempio e’ fornito dalla funivia che doveva salire a Doi Suthep, progettata nei primi anni ’80 da un’azienda privata, nonostante il progetto fosse andato savanti attraverso un lungo iter burocraticoil publico lo ha percepito come la profanazione di una montagna, che non solo e[ parco nazionale ma anche il simbolo di Chiang Mai e la sede di un veneratissimo tempio. I sondaggi rivelarono che la maggior parte della popolazione locale si opponeva al progetto. Furono organizzate manifestazioni e alla fine le autorita’ locali decisero di rimandare il ptogetto indefinitamente.
Un altro caso concreto fu rappresentato dalla controversia sulla proposta diga del Nam Choam, che avrebbe diviso in tre sezioni il rifugio faunistico del Thung Yai, il piano e’ stato cancellato dopo una veemente campagna da parte di gruppi conservazionisti portata avanti in Thailandia e all’estero.
Ancor piu’ rilevante nel gennaio del 1989 il taglio dei boschi fu interdetto a causa di una disastrosa alluvione nelle provincie meridionali che nel 1988 aveva provocato la morte di 350 persone. Le foto aeree dei tronchi che rovinavano giu’ dalle montagne, spazzando via interi villaggi, furono testimonianze talmenti eloquenti da convincere tutti che la conservazione della natura doveva diventare una priorita’ nazionale.
Oltre al taglio dei boschi,la foresta ha affrontato un altro pericolo specifico che e’ onnipresente in tutte le aree montane: la tecnica di coltivazione del taglia e brucia. Questa tecnica prevede l’abbattimento e l’incendio di boschi ed e’ detta anche agricoltura itinerante, e’ una delle piu’ kprimitive tecniche utilizzata fin dagli albori della civilta’.il metodo dell’abbattimento e incendio del bosco rimane quello piu’ efficace per le coltivazioni in collina (almeno fino a che non si considerano i fattori ambientali), si basa sul taglio di alberi e arbusti durante l’inverno, che nella stagione calda si lasciano seccare e quindi vengono bruciati in tempo per impiantare una cultura all’inizio della stagione delle piogge. Le ceneri che se ne ricavano sono abbastanza ricche di sostanze nutritiveda fertilizzare il suolo per qualche anno, ma i tratti disboscati devono essere sottoposti a rotazione continuase si vuole evitare l’erosione; se vengono abbondanati solo dopo un anno di coltivazione i campi torneranno foresta in 15 anni; tuttavia perche’ si raggiunga la piena maturita’ deve passare un tempo maggiore.
I karen praticano questo metodo su ciclo breve, valido da un punto di vista ecologico. Ma quando se ne abusa trasferendo gruppi tribali che non adottano il sistema della rotazione dei campi, come le tribu’ di montagna coltivatrici di oppio che si sono spostate nella Thailandia settentrionale nel secolo scorso (gli Hmong, gli Akha, ecc…) il metodo del taglia e brucia diventa estremamente distruttivo. Le foreste degenerano in praterie o addirittura in brulle colline che non possono quasi piu’ nutrire la selvaggina e i cui fianchi nudi favoriscono le franee le inondazioni con danni disastrosi alle terre basse.
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