Ovunque andiate... che i vostri piedi non inciampino, che le vostre braccia non si indeboliscano e che le vostre parole siano veritiere. Allora le vostre speranze saranno esaudite e le vostre iniziative avranno successo (Fabio, da una Preghiera tribale del nord Thailandia).

sabato 30 aprile 2011

La scultura.

La scultura thailandese si puo’ far risalire a molto prima dei tempi del Buddha, alla cultura del bronzo di Bang Chiang, in questa zona, nella provincia di Udon Thani, sono stati ritrovati tentativi di scultura che risalgono a 4,000 anni fa.
In altre zone tavolette votive, insieme a incisioni in argilla e terracotta sono state trovate in grotte e risalgono al VI secolo.
In seguito il discorso dell’arte thai si incentro principamente sulla scultura e in modo particolare sulla sua manifestazione principale: le immagini del Buddha e in modo minore sulle divinita’ indu’.
Questa venerazione di immagini potrebbe far pensare all’idolatria e sarebbe un concetto sbagliato. Il buddhista devoto vede nell’immagine il richiamo a una serie di precetti e non la rappresentazione materiale del dio. La tradizione ci racconta che il Buddha prima di morire scaccio’ le incertezze su un futuro senza il loro Maestro ricordando che dovevano conservare non la sua memoria ma la sua dottrina. Agli inizi i suoi discepoli cominciarono a erigere un cumulo di terriccio seppellendovi come reliquia un capello, un dente, le ceneri del suo corpo cremato. Col passare del tempo i cumuli divennero gli stupa, sempre piu’ alti e sempre piu’ sottili. Questo tuttavia non basto’ ai discepoli che vennero in seguito, i quali chiedevano un rapporto piu’ concreto attraverso il quale chi era abituato a venerare le immagini indu’ e gli spiriti degli alberi e delle pietre potesse stabilire una situazione di maggiore intimita’.
Da tale necessita’ si e’ sviluppata l’iconografia della scultura religiosa. L’immagine rappresenta un astratto ideologico e il Buddha non e’ visto come rappresentazione di un upmo ma come dottrina in forma umana. Osservando l’immagine si percepiscono i principi del comportamento incarnati e predicati dal fondatore della dottrina stessa.
Le piu’ antiche immagini di Buddha furono create 2,000 anni orsono ed erano importanti ai fini del proselitismo. Torna, come per l’architettura, quel concetto di arte che non e’ fine a se stessa e quindi al puro ruolo estetico ma arte che realizza un oggetto sacro e da venerare. Chi fa dono di una scultura acquisisce dei meriti ma non pone su di essa il proprio nome, ne’ viene in alcun modo identificato con essa. Analogamente si comporta l’artista che l’ha eseguita. L’immagine deve essere benedetta dai monaci e va benedetta di nuovo se viene spostata in un ambiente diverso.
Come poteva avere l’artista punti di riferimento rispetto alle caratteristiche fisiche da attribuire alla sua opera?
Stando alle leggende, l’unica statua di Buddha ancora in vita venne scolpita quando questi ando’ da sua madre a predicare in paradiso. Il re di Kusala, per sopperire alla mancanza del Maestro, incarico’ i suoi scultori di eseguire un’immagine, scolpendo legno di sandalo e affidandosi soltanto alla propria memoria per riprodurne le fattezze. Al ritorno’ del Buddha la statua si animo’ e venne avanti rendendogli onore. Ma il Budha le ordino’ di non muoversi onde potesse fungere da modello agli scultori futuri.
Evidentemente piu’ attendibile e’ l’ipotesi dell’ispirazione da parte degli artisti sulla base dei testi antichi che descrivevano i lakshana, vale a dire segni di riconoscimento utili a perpetuare un’omogeinata’ somatica delle immagini sacre. Un elenco di tali segni prende in prestito le descrizioni fortemente evocative adoperati come attributi di rigore delle divinita’ nella poesia sanscrita: gambe come quelle del cervo, cosce come il tronco del banano, braccia liscie e rotonde come il tronco dell’elefante, mani come i fiori di loto appena sbocciati e punte delle dita rivolte in su come petali, testa a forma di uovo, mento come il nocciolo del mango, naso come il becco del pappagallo, ciglia come archi tesi, capelli come i pungiglioni degli scorpioni. La fonte piu’ comune era una serie di 31 lakshana, tratti dai testi religiosi pali: piedi con 108 segni di buon auspicio, che servirono da modello a numerose impronte del piede del Buddha, custodite quali reliuie in vari tempi: talloni a forma di cuneo, dita delle mani lunghe, dita dei piedi di uguale lunghezza, gambe come quelle dell’antilope, braccia lunghe quanto basta per poter toccare le due ginocchia senza dover incurvare il busto, pelle liscia al punto che ad essa non possa aderire la polvere, ciglia lunghe quanto quelle di una mucca, 40 denti, un neo peloso, urna, fra le sopracciglie, una protuberanza, ushnisha, sulla sommita’ del capo, che puo’ essere un turbante, un ciuffo di capelli o un benoccolo; occhi blu scuro. A tutto questo gli scultori aggiunsero i lobi degli orecchi allungati dai massicci orecchini che il Buddha soleva portare in gioventu’, allusione all’origine regale come pure la fiamma sull’ushnisha, che simboleggia l’energia ardente dell’intelletto del Maestro.
La dimensione dell’immagine del Buddha puo’ variare da pochi centimetri a decine di metri. Il Buddha coricato che si trova a Wat Pho, a Bangkok, misura 45 metri di lunghezza.
Quattro sono le poisizioni stabilite dalla tradizione: seduta, eretta, deambulante appoggiata a un fianco con la mano destra a reggere il capo. Nella posizione seduta la postura dei piedi prende il nome di
adamantina, vajrasena, con le due piante rivolte verso l’allto,
eroica con una gamba appoggiata alla pianta dell’altro piede,
europea, sul trono con i due piedi appoggiati a terra.
Le mani sono rappresentate in vari gesti, mudra, che stanno ad indicare altrettanti avvenimenti nell vita del Buddha
Il corpo viene avvolto in un lungo pezzo di stoffa, il sari, che passa sulla spalla sinistra e avvolge entrambe le spalle. .
Il Buddha siede direttamente sulla terra o su uno zoccolo a forma di fior di loto, talvolta decorato con i segni zodiacali o con un unico segno che indica l’anno di fusione della statua.
L’uso di dipingere le immagini non era molto diffuso, pur se qualche traccia di colore e’ reperibile nelle opere piu’ antiche.
Uno studio serio e approfondito delle delle diverse scuole thai di scultura e’ reso difficile dalla mancanza di chiarezza sulla definizione di ciascuna scuola e di ciascun periodo. Tutti gli schemi proposti dagli storici dell’arte risentono di qualche imperfezione. Uno schema, ad esempio, puo’ fornire una cronologia adeguata ma questa va a scapito delle differenze geografiche. La differenza a livello regionale o di scuola non tiene conto delle influenze che hanno condizionato questo o quel momento, ne’ del sovrapporsi di stili dettati dal singolo contesto estetico.
I cosidetti “Buddha ornati” continuano ad essere oggetto di discussione fra gli esperti. In auge a partire dal XV secolo, queste immagini raffigurano il Buddha incoronato e ingioiellato, in aperto contrasto con la sua tradizione di asceta, avverso allo sfarzo. Esistono diverse spiegazioni a proposito di questa aberrazione stilistica. Alcuni la considerano simbolo del potere della dottrina, altri un’allusione alla discendenza regale del Maestro. Si tratterebbe di un’allusione trasversale alla scelta che egli fece prima della nascita fra il divenire Buddha o “Monarca universale”, Chakravartin, altra via che gli avrebbe consentito di condurre l’umanita’ alla pace.
Oltre al Budddha gli altri soggetti preferiti dagli scultori il Dhammachakra, la ruota della legge e il Buddhapada, l’impronta del piede.
La ruota rappresenta la dottrina elaborata dal sovrano buddhista Asoka, III secolo a.C., che fu scelta dagli artisti mon come tema base scultoreo. Il piede godeva di una vasta popolarita’ in quanto frutto di una leggenda secondo cui fu lo stesso Buddha a volare verso la Thailandia, lasciando sulla cima di una montagna un’impronta del piede, recante fra linee rette e concentriche, tutti i 108 segni di buon auspicio.
Fino al XVI secolo e in misura minore fino al XIX gli scultori lavorarono anche sulle immagini della Trimurti indiana: Brahma, il creatore, Visnu il preservatore e Shiva, il distruttore. Vushnu incontrava molto i favori del popolo perche’ il suo avatar Rama rappresentava l’eroe per antonomasia della letteratura mitica. Tutti i re dell’attuale dinastia portano il nome di Rama. Le statue di Shiva si incontrano piu’ raramente. Il dio viene normalmente rappresentato in posizione eretta, il corpo liscio e provvisto di molte paia di braccia. Non ha decorazioni salvo un chignon, alto e con ornamenti, al nposto della mitra portata da Vishnu.
Nella produzione artistica sono da includere gli intagli, o sigilli incisi e le tavolette votive chiamate Phra Pim. Sono queste ultime a costruire oggetto di interesse particolare per chi voglia approcciare la religione buddhista nella sua globalita’. Le tavolette votive rappresentano la possibilita’ di tramandare ai posteri la dottrina dopo che, stando alle credenze, il buddhismo scomparira’ con l'avvento del Maitreya, l’ultimo Buddha, nel 4457 della nostra era. Le tavolette sono in genere ricavate da metallo, argilla o terracotta.
Un capitolo che puo’ apparire minore ma che invece riveste notevole importanza nella commistione costante fra buddhismo ortodosso e animismo e’ quello degli amuleti.
I m,ateriali preferiti dalla scultura furono pietra, legno, oro, argento, avorio, pietre preziose e semipreziose, stucco, terracotta e ceramica ma sopratutti spicca il bronzo ricoperto in tempi passati da una doratura che dava alla statua una parvenza di maggior ricchezza e preziosita’. Questi materiali richiesero l’impiego di teniche diverse che andavono dalla scultura vera e propria all’incisione, dalla modellatura alla costruzione, alla fusione.
La scultura moderna puo’ essere divisa in due parti: una che imita stili occidentali o giapponesi e un’altra che fa rivivere temi thai ma li interpreta in modo nuovo. Un rappresentante della seconda scuola e’ l’artista Sakarin Kreu-On e la sua realizzazione di una grande testa di Buddha vuota fatta con un misto di argilla, fango, carta mache’, colla e turmetici intitolata Trance Gialla fu un lavoro che fece un tour mondiale di straordinario successo.
Sempre fra i moderni lo scultore Manop Suwanpinta modella l’anatomia del corpo umano in fantastiche forme spesso mista a caratteristiche tecnologiche come una faccia con cardini che aprendosi rivelano un contenuto inanimato. 

< Home. < Arte. ----- >>>.

Nessun commento:

Posta un commento

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...