Ovunque andiate... che i vostri piedi non inciampino, che le vostre braccia non si indeboliscano e che le vostre parole siano veritiere. Allora le vostre speranze saranno esaudite e le vostre iniziative avranno successo (Fabio, da una Preghiera tribale del nord Thailandia).

venerdì 20 maggio 2011

Cosmologia: il reame di Arupabhumi.

Arupyadhatu o Arupaloka, rispettivamente sanscrito e pali, sono i nomi del reame delle non forme. Che non ha nessun posto in una cosmologia puramente fisica, in quanto nessuno degli esseri che abitano questo reame e’ contraddistinto da forma o posizione e di conseguenza anche il mondo dove abitano non ha alcuna posizione. Questo mondo appartiene a quei deva che hanno raggiunto i Quattro Assorbimenti Senza Forma del arupadhyanas nelle vite precedenti.e ora godono i frutti del buon karma di tale realizzazione. Nessun Bodhisattva e’ mai nato nel mondo di Arupyadhatu anche se ha raggiunto le arupadhyanas.
Ci sono quattro tipi di deva Arupyadhatu che si distinguono in base ai quattro tipi di arupadhyanas:
Akaaanantyayatana o sfere di infinito spazio. In questa sfera gli esseri senza forma si soffermano a meditare sullo spazio o sull’estensioni in modo infitamente pervasivo.
Vijnananantyayatana o sfere di conoscenza infinita. In questa sfera le creature senza forma si soffermano a meditare sulla loro consapevolezza di essere creature infinitamente pervasive.
Akimcanyayatana o sfera del nulla. In questa sfera gli esseri senza forma si soffermano a contemplare il pensiero “che non esiste”. Questa e’ considerata una forma di percezione anche se molto sottile. Il primo dei due insegnanti del Buddha la riteva simile all’illuminazione.
Naivasamjuanasamjuayatana cioe’ sfere che non hanno ne’ percezione ne’ non percezione. In queste sfere gli esseri senza forma sono andati al di la di una mera negazione della percezione e hanno raggiunto uno stato liminale in cui non esercitano nessuna percezione. Pur non essendo tuttavia del tutto inconsci. Questa era la sfera raggiunta da Udraka Ramaputra, uno dei due maestri del Buddha che considerava questo stadio l’equivalente dell’illuminazione.

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