Ovunque andiate... che i vostri piedi non inciampino, che le vostre braccia non si indeboliscano e che le vostre parole siano veritiere. Allora le vostre speranze saranno esaudite e le vostre iniziative avranno successo (Fabio, da una Preghiera tribale del nord Thailandia).

lunedì 17 ottobre 2011

La maledizione di Mittavinda.

C'era una volta un monaco che viveva in un piccolo monastero in un piccolo villaggio. Era un monaco molto fortunato aveva conosciuto l'uomo piu' ricco del villaggio e questo lo aiutava e lo proteggeva. Non doveva mai preoccuparsi per niente, il suo cibo, i suoi abiti e tutto quanto aveva bisogno era sempre assicurato dal ricco signore.
Così il monaco viveva calmo e tranquillo, non doveva preoccuparsi della sua vita quotidiana ed era libero di comportarsi tranquillamente come si conviene a un monaco, cercando di eliminare i propro difetti perseguendo gli atteggiamenti giusti C'era un unico problema: non sapeva quanto era fortunato.
Un giorno un monaco anziano arrivo' nel piccolo villaggio, egli aveva seguito il sentiero della verità fino a quando questa non era diventata perfetta e impeccabile.
Quando l'uomo ricco vide questo monaco sconosciuto, fu conquistato dai suoi modi gentili e dal suo atteggiamento calmo. Così lo invitò nella sua casa, gli diede da mangiare, e si credeva molto fortunato di poter ascoltare il suo insegnamento da lui. Lo invito' poi a rifugiarsi presso il monastero del villaggio, dicendogli: "Ti verro' a trovare li questa sera, per assicurarmi che tutto vada bene."
Quando il monaco arrivavo' al monastero, incontrò il monaco villaggio. Si salutavano cordialmente. Il monaco del villaggio chiese: "Hai gia' pranzato oggi?" L'altro rispose: "Si, col protettore del monastero che mi ha invitato a rifugiarmi qui."
Il monaco del villaggio lo portò in una stanza e si lasciarono. Il monaco anziano si mise a meditare.
Più tardi quella sera, il ricco ando' in visita al monastero come aveva detto. portava bevande di frutta, fiori e olio per la lampada, in onore del santo uomo in visita. Chiese il al monaco villaggio, "Dov'è il nostro ospite?" Questi gli indico' la stanza che gli aveva dato.
L'uomo ando' nella stanza, si inchinò rispettosamente, e saluto' il monaco. Ancora una volta apprezzo' la verità che lui diceva, il suo modo di insegnare era raro ed impeccabile.
Quando inizio' a far buio accese le lampade e offri i fiori al santuario bel tempio del monastero, invito' poi entrambi i monaci a pranzo a casa sua il giorno dopo e torno' indietro.
Quella stessa sera il monaco del villaggio, che era sempre vissuto contento, permise al veleno della gelosia di insinuarsi nella sua mente. Pensò: "L'uomo ricco del paese ha reso facile la mia vita. Mi offre rifugio ogni notte e mi riempie la pancia ogni giorno. Ma ho paura che questo cambierà perché ha un'alta considerazione per questo nuovo monaco. Se egli rimane in questo monastero, il mio protettore potrebbe smettere di prendersi cura di me, devo fare in modo che il nuovo monaco se ne vada."
Con questi pensieri in testa se ne andarono tranquillita' e calma, la sua mente fu ottenebrata dalla gelosia, ebbe paura di perdere il suo benessere e il suo cibo quotidiano. Tutto questo creo' un malsano risentimento verso il monaco perfetto comincio' a intrigare e a fare piani per sbarazzarsi di lui.
Più tardi quella notte, come era usanza, i monaci si riunirono per concludere la giornata. Il monaco anziano parlo' nel suo solito modo amichevole, ma il monaco villaggio non parlo' con lui.
Così il monaco anziano capi che l'altro era geloso e risentito e penso': "Questo monaco non capisce la mia libertà, non capisce che non sono attaccato alle famiglie, alle persone e ai comfort. Io sono libero da qualsiasi desiderio di rimanere qui e sono anche libero da ogni desiderio di andare. Non fa differenza. E' triste che questo monaco non riesca a capire il non-attaccamento. Ho pietà per il prezzo che dovra' pagare per la sua ignoranza ".
Tornò nella sua stanza, chiuse la porta, e meditato' tutta la notte.
Il giorno dopo, quando fu il momento di andare a raccogliere cibo e elemosina dal patrono del monastero, il monaco del villaggio suonò il gong del tempio. Ma lo suonò leggermente, sfiorandolo . Neppure gli uccelli li vicino poterono udire il suono.
Poi andò alla stanza del monaco e bussò alla porta ma di nuovo la sfioro' leggermente neanche i topolini all'interno delle mura riuscirono a sentire il suono.
Dopo aver fatto il suo dovere ma in modo ingannevole, si recò a casa del ricco. L'uomo si inchinò rispettosamente al monaco, prese la sua ciotola per l'elemosina, e chiese: "Dov'è il nuovo monaco, il nostro ospite?"
Il monaco del paese rispose che non lo aveva visto, aveva suonato il gong, aveva bussato alla sua porta, ma ma non aveva ottenuto risposta. Forse il nuovo monaco non era abituato ai ricchi piatti che aveva mangiato il giorno prima, forse stava ancora dormendo, sognando la prossima festa. Forse questo è questo il tipo di monaco che piace così tanto al ricco signore!
Nel frattempo al monastero, il monaco anziano si svegliò si puli' e indosso' la sua veste. Poi con calma andò a raccogliere l'elemosina di cibo ovunque gli fosse capitato di trovarlo.
Il ricco intanto offriva al monaco del villaggio il cibo piu' ricco, delizioso e dolce, a base di riso, latte, burro, zucchero e miele. Quando il monaco ebbe mangiato a sazietà, l'uomo prese la sua ciotola, e la puli' con acqua profumata, poi la riempi' di nuovo con lo stesso cibo delizioso poi la restitui' al monaco dicendogli: "Onorevole monaco, il nostro santo visitatore deve essere stanco dal viaggio. Prendi il mio cibo come elemosina per lui." L'altro, senza dire nulla accetto' il generoso dono".
A questo punto la mente del monaco era prigioniera delle sue gelosie. Pensava: "Se quel monaco mangia questo pasto fantastico, anche se lo afferro per la gola e lo prendo a calci non vorra' andarsene! Devo segretamente sbarazzarmi di questo cibo. Ma se io lo do' a uno sconosciuto lo sconosciuto potrebbe parlarne, se lo butto via in uno stagno, il burro galleggera' sulla superficie e lo potrebbero scoprire, se lo butto via a terra, i corvi arriveranno da lontano per far festa, e anche questo sarebbe notato. Allora, come posso eliminarlo? "
Poi vide un campo che era stato appena bruciato dagli agricoltori per arricchire il suolo, era tutto coperto di carboni ardenti e getto' il riso sul carbone, il generoso dono del ricco fini' fra il fuoco. Il cibo' brucio' senza lasciare traccia e col riso se ne ando' la pace della mente del monaco del villaggio.
Quando tornò al monastero, trovò che il visitatore se ne era andato e comincio' a pensare: "Doveva essere un monaco veramente saggio Deve aver capito che ero geloso, che avevo paura di perdere la mia posizione favorevole. Deve aver capito che ero risentito e ho cercato di ingannarlo, che ho sprecato il cibo che era dovuto a lui e il tutto per cercare di mantenere la mia pancia ben piena. Ho agito male e ora andro' incontro a qualcosa di terribile. Cosa ho fatto? " Così, per non perdere il suo cibo quotidiano, ottenuto in modo facile aveva gettato la pace della mente e del cuore.
Per il resto della sua vita l'uomo ricco ha continuato a sostenerlo. Ma la sua mente fu sempre fra tormenti e sofferenze. Si sentiva condannato come uno zombie che cammina grignando i denti per la fame, o un fantasma che vaga di notte affamato.
Quando morì, il suo tormento continuo' e rinacque in un mondo infernale e soffri' per centinaia di migliaia di anni.
Infine, fece la fine di tutte le creature, mori' per rinascere. Ma i risultati delle sue cattive azioni passate erano solo in parte compensati e rinacque come un demone per cinquecento volte. In 500 vite solo un giorno ebbe cibo a sufficienza, la placenta che un cervo aveva perso nella foresta.
Poi rinacque per 500 volte come un randagio cane affamato. Per passare una vita con la pancia piena come monaco si era condannato a 1000 anni pieni di fame e in cui doveva litigare per il cibo. Nelle ultime 500 vite una sola volta ebbe abbastanza da mangiare, quando trovo' il pasto vomitato da una ghiandaia.
Finalmente le conseguenze di tutte le sue cattive azioni si estinsero ed allora pote' rinascere come essere umano. Nacque nella piu' povera delle famiglie, poveri mendicanti della città di Kasi, nel nord dell'India. Gli fu dato il nome, Mittavinda.
Al momento della sua nascita, questa famiglia era povera è divento' ancora più povera e miserabile, dopo alcuni anni il dolore per la fame era diventato così grande che divenne insopportabile, i suoi genitori lo picchiarono e lo cacciarono via per sempre, gridandogli: "Vattene per sempre, tu non sei altro che una maledizione!"
Povero Mittavinda! Molto tempo fa non aveva capito quanto era fortunata, era contento vivendo come un umile monaco del villaggio. Ma permise al veleno della gelosia di entrare nella sua mente per la paura di perdere il suo cibo quotidiano. Ciò lo aveva portato all'auto-tortura del provar risentimento contro un monaco anziano, era arrivato fino all'inganno negando all'altro un dono di cibo che gli era stato dato. Ci vollero migliaia di anni e una vita per riparare a tutte le conseguenze che aveva provocato. Cio' che egli aveva temuto solo le sue azioni lo avevano portato a provare.
La vita di fame continua del povero Mittavinda stava comunque per finire, dopo aver girato a lungo, senza una meta, decise di recarsi a Benares.
A quel tempo il Buddha stava vivendo una vita precedente come maestro di fama mondiale a Benares, aveva 500 studenti, come atto di carità, la gente della città, sosteneva questi poveri studenti fornendo loro il cibo, essi pagavano anche gli onorari dei maestri che insegnavano loro.
A Mittavinda fu permesso di unirsi agli studenti e di cominciare a studiare con il grande maestro. Da questo momento comincio' a mangiare regolarmente, ma a lui non importava niente degli insegnamenti del maestro, era disobbediente e violento, nel corso di 500 anni da cane affamato, litigare era diventata un'abitudine. Così continuamente faceva a botte con altri studenti.
Era cosi' cattivo che molti altri studenti interruppero gli studi pur di non averlo vicino. Il reddito del maestro diminui' fino a diventare inconsistente. A causa del suo carattere litigioso Mittavinda fu costretto a fuggire da Benares.
Si fermo' in un piccolo villaggio a una certa distanza da Benares, qui visse facendo l'operaio e lavoro' sodo. Sposo' una donna molto povera, ed ebbe due figli. Si seppe che aveva studiato con il maestro di Benares, così gli abitanti del povero villaggio lo scelsero per dar loro consigli quando c'erano problemi da risolvere. Gli avevano dato una capanna per vivere vicino all'ingresso del villaggio e cominciarono a seguire i suoi consigli.
Ma le cose non andavano bene, il villaggio fu multato sette volte dal re, sette volte le loro case furono bruciate e sette volte fu prosciugato il laghetto della città.
Cosa era successo? Cosa c'era di nuovo per dover sopportare tutto quello? Si resero conto che tutti i loro guai erano cominciati quando avevano iniziato a prendere consigli da Mittavinda. Così decisero di cacciare lui e la sua famiglia dal villaggio. Corsero dietro a lui e alla sua famiglia gridando: "Vattene per sempre, tu sei altro che una maledizione!"
In fuga si rifugiarono in una foresta, non sapevano che erano infestata da demoni che uscirono dall'ombra e uccisero e mangiarono moglie e figli, Mittavinda riusci' a fuggire.
Corse, corse e arrivo' a una una città portuale, era solo, triste e senza un soldo. Incontro' un ricco mercante della citta', un tipo veramente generoso, ascolto' la disgraziata storia di Mittavinda, ne fu commosso e dal momento che non avevano figli propri, lui e sua moglie decisero di adottarlo. Nel bene e nel male lo trattavano esattamente come loro figlio.
Il nuovo padre e la nuova madre erano molto religiosi e cercavano di far sempre cose giuste ma Mittavinda non aveva ancora imparato la lezione, lui non accettava nessuna religione per cui faceva spesso cose da condannare.
Qualche tempo dopo la morte di suo padre, la madre decise di cercare di aiutarlo ad entrare nella vita religiosa, per convincerlo gli disse "C'è questo mondo e c'è quello a venire, se si fanno cose cattive, si soffrono dolorosi risultati in entrambi i mondi."
Ma lo sciocco Mittavinda rispose: "Farò tutto ciò che mi piace fare per diventare più felice e sempre più felice. Non ha senso considerare se quello che faccio è positivo o negativo. Non mi importa di queste cose!"
Il sucessivo giorno di luna piena la santa madre di Mittavinda gli consigliò di andare al tempio e ascoltare per tutta la notte le sagge parole dei monaci. Egli disse: "Non vorrei sprecare cosi il mio tempo!" la madre gli disse: "Quando ritorni io ti darà un migliaio di monete d'oro."
Mittavinda penso' che con quei soldi poteva godersi la vita, fregarsi di tutto ed essere felice per tutto il tempo, cosi' andò al tempio. Si mise seduto in angolo, non presto' nessuna attenzione, sognava solo le monete d'oro con questo pensiero si addormento' e dormi' tutta la notte. Quando arrivo' il mattino torno' a casa per raccogliere la ricompensa per cui si era dato tanto da fare.
Nel frattempo la madre penso' che il ragazzo avesse cominciato ad apprezzare i suoi saggi insegnamenti, penso che sicuramente avrebbe portato a casa qualche monaco con lui, cosi comincio' a preparare cibi deliziosi per gli attesi ospiti. Quando vide il figlio tornare da solo gli disse: "Oh figlio mio, perché non hai chiesto al monaco anziano di tornare a casa con te per la prima colazione?"
Egli disse: "Non sono andato al tempio per ascoltare un monaco o per portarlo a casa con me. Sono andato solo per ottenere le vostre mille monete d'oro!" Sua madre ne fu delusa, ma intendendo insegnargli qualcosa gli disse: "Cosa importa il denaro? Guarda il cibo delizioso che ti ho preparato, preoccupati solo di mangiare e di dormire". Egli rispose: "Fino a che non mi dai i soldi, mi rifiuto di mangiare!" Così lei gli diede mille monete d'oro, solo allora lui divoro' il cibo fino a che tutto ciò che poteva fare fu addormentarsi.
Mittavinda comincio' a pensare che un migliaio di monete d'oro non erano sufficienti per godersi costantemente la vita, avvio' un'impresa e in breve tempo divenne molto ricco. Un giorno tornò a casa e disse: "Madre, ora ho 120.000 monete d'oro. Ma io non sono ancora soddisfatto, quindi andrò all'estero sulla prossima nave per fare ancora più denaro!"
Lei rispose: "Oh figlio mio, perché vuoi andare all'estero? L'oceano è pericoloso ed è molto rischioso fare affari in terra straniera. Ho 80.000 monete d'oro proprio qui in casa, e' abbastanza questo per te? Ti prego di non andare, sei il mio unico figlio! "
Poi lo tenne vicino a lei per impedirgli di andarsene ma Mittavinda era pazzo di avidità, cosi' respinse la mano di sua madree la schiaffeggio'. Lei cadde a terra, era ferita e sconvolta gli urlo' in faccia: "Vattene per sempre, tu non sei altro che una maledizione!".
Senza guardare indietro, Mittavinda si precipitò al porto e salpo' sulla prima nave in partenza.
Dopo sette giorni sull'Oceano Indiano, tutti i venti e le correnti si fermarono completamente, la nave rimase bloccata, ci fu acqua morta per sette giorni, tutti a bordo erano terrorizzati sarebbero morti.
Così tirarono a sorte le pagliuzze per scoprire chi era la causa della loro spaventosa e maledetta sfortuna, per sette volte la paglia piu' corta fu tirata dal Mittavinda!
Lo posero su una piccola zattera di bambù e lo lasciarono alla deriva in mare aperto, gridando: "Vattene per sempre, tu sei altro che una maledizione!" E all'improvviso un forte vento spinse la nave sulla sua strada, ma ancora una volta la vita Mittavinda fu risparmiata. Tutto quello che gli stava succedendo era il risultato delle sue azioni precedenti cominciando da quando aveva vissuto come monaco attraverso molte altre nascite fino a quel momento. Non importa quanto tempo ci vuole, le azioni producono sempre dei risultati. Anzi a volte un azione provoca più di un risultato, alcuni piacevoli e altri spiacevoli. Si dice, ad esempio che gli Asura vivono in modo inusuale attraverso tali risultati contrastanti. Essi sono dei sfortunati e brutti. Alcuni di loro hanno abbastanza fortuna per cambiare la loro forma in belle e giovani ragazze danzanti pur rimanendo dee, in questo caso sono chiamate Apsara. Godono dei più grandi piaceri per sette giorni ma poi devono andare in un mondo dell'inferno e soffrono tormenti come fantasmi affamati per altri sette giorni per espiare. Sempre cosi' avanti e indietro fino a quando entrambi i risultati delle diverse azioni si sono compensati.
Mentre galleggia sulla piccola zattera di bambù accadde cosi' che Mittavinda giunsesse a un bellissimo Palazzo di Vetro, li si trovavano quattro Apsara molto carine, cominciarono a passare il tempo insieme e si dedicarono a piaceri celesti per sette giorni.
Poi, arrivo' il momento per le dee di diventare fantasmi affamati, dissero a Mittavinda, "Aspetta qui per noi soli sette brevi giorni, torneremo e continueremo il nostro piacere."
Il Palazzo di Vetro e le quattro Apsaras scomparvero. Ma Mittavinda non aveva ancora riacquistato la pace della mente gettata via quando era monaco del villaggio, molto tempo prima, sette giorni di piacere non lo avevano soddisfatto, non poteva aspettare che le belle dee tornassero. Voleva sempre di più. cosi' contino' a navigare sulla piccola zattera di bambù.
Arrivo' a un palazzo di argento brillante con otto dee Apsara che vi abitano. Ancora una volta godette per sette giorni il più grande piacere l'ottavo giorno anche queste Apsara gli chiesero di attendere i prossimi sette giorni e scomparvero in un mondo infernale.
Incredibile come possano essere avide le persone Mittavinda, invece di aspettare, continuo' a navigare e arrivo' a un palazzo scintillante di gioielli dove si dedico' a sette giorni di piuacere con 16 Apsare. Ma all'ottavo giorno anche anche loro scomparvero. Poi trascorse sette giorni in un palazzo splendente d'oro con 32 delle Apsaras che erano erano sicuramente le più belle di tutte.
Ma ancora non era soddisfatto! Quando le 32 dee gli chiesero di aspettare sette giorni, partì di nuovo sulla zattera.
In poco tempo arrivò all'ingresso di un mondo infernale pieno di sofferenza e di esseri torturati che vivevano li a causa delle loro passate azioni. Ma il suo desiderio di provare piacere era così forte che Mittavinda credette di vedere una bella città circondata da mura con quattro porte favolose, penso': "Entro e mi faccio re!"
Quando entro' c'era una delle vittime di questo mondo dell'inferno, aveva un collare intorno al collo che girava come una ruota, con quattro lame da taglio ben affilate una per la faccia, una per la testa, una per il petto e una per la schiena. Ma Mittavinda era ancora così avido di piacere che non poteva vedere il dolore che aveva davanti ai suoi occhi. Invece di vedere l'orrendo collare viede una bella collana di fiori di loto, il sangue gocciolante gli sembro' polvere rossa di legno di sandalo profumato. E le urla di dolore dalla povera vittima la più dolce delle canzoni!
Si avvicino' e disse al poveretto: "Hai avuto questa bella collana di loto abbastanza a lungo! Dalla a me, che ho ben meritato di indossarla, ora." Il condannato lo avvertì: "Si tratta di un collare da taglio, una ruota di lame". Ma Mittavinda disse: "Tu dici cosi' perché non ci vuoi rinunciare".
La povera vittima penso': "Finalmente i risultati delle mie cattive azioni passate devono essere giunti a una conclusione. Come me, questo povero pazzo deve essere qui per aver colpito la madre. Gli darò la ruota del dolore." Cosi' rispose: "Dal momento che la desideri cosi' tanto prenditi la corona di fiori di loto!"
Appena disse queste parole la ruota di lame si scorporo' dal collo dell'ex vittima e comincio' a girare intorno alla testa di Mittavinda. Le cui illusioni in un momento scomparvero, d'improvviso Mittavinda capi' che non si trovava in una bella città ma in un mondo terribile dell'inferno, lui capi' che quella che aveva preteso non era una corona di loto ma una ruota da taglio con delle terribili lame e sopratutto capi' che non sarebbe diventato un re ma che era diventato un prigioniero. Gemendo di dolore si mise a gridare con voce sopraffatta dalla disperazione: "Riprenditi la tua ruota! Riprenditi la ruota!" Ma l'altro era scomparso.
Proprio in quel momento il re degli dei arrivo per una visita al mondo l'inferno. Mittavinda gli chiese: "Oh, re degli dei, che cosa ho fatto per meritarmi questo tormento?" Il dio rispose: "Hai rifiutatoe di ascoltare le parole dei monaci, hai agito senza nessuna saggezza, ma solo per dei soldi. Un migliaio di monete d'oro non ti hanno soddisfatto, e nemmeno 120.000. Accecato dall'avidità, sei arrivato a colpire tua madre e senza nessuno scrupolo hai continuato imperterrito sulla tua strada all'unico scopo di afferrare una ricchezza sempre maggiore.
Il piacere che potevano procurarti quattro Apsara nel loro Palazzo di Vetro non ti ha soddisfatto, ne' ci sono riuscite otto Apsaras in un palazzo d'argento, né 16 in un palazzo di gioelli. Neppure 32 incantevoli dee nel palazzo d'oro sono state sufficienti per darti un po' di piacere, sei stata accecata dall'avidita e il tuo desiderio era solo diventare re. Sei sempre e solo stato accecato dall'avidità e dal piacere. Ora, finalmente, hai la tua corona che per cio' che rappresenti e sei è solo una ruota della tortura mentre il tuo regno puo' essere solo un mondo infernale. Impara questo, Mittavinda, tutti coloro che seguono la loro avidità ovunque essa conduca sono per sempre insoddisfatti. Perché è nella natura dell'avidità di lasciare insoddisfatti di ciò che si ha, quando hai ottenuto qualcosa e' sempre un'altra quella piu' desiderata. Fino a quando il cerchio dell'avidità si chiude e diventa un cerchio di dolore."
Detto questo, il dio tornò a casa sua, il cielo del mondo. Allo stesso tempo, la ruota cadde dal collo di Mittavinda, con la testa che gli girava per un dolore tremendo si trovo' alla deriva sulla piccola zattera di bambu'. Ben presto arrivò a un'isola abitata da un potente diavolessa. Lei si era trasformata in una capra. Affamato Mittavinda penso' di afferrare la capra da una gamba posteriore. La diavolessa pronta gli diede un calcio tale che lo fece volare in aria. Alla fine atterro' in un cespuglio alla periferia di Benares!
Dopo che si fu districato dalle spine, vide alcune capre che pascolano nelle vicinanze. Stava troppo male per cercare di tornare ai palazzi delle Aspare, ricordando che era stato spedito li dal calcio di una capra si avvicino' a queste molestandole, sperando in un'altro calcio che lo rimandasse almeno sull'isola. L'unica cosa che successe fu che la capra si mise a urlare. Vennero i pastori e lo catturarono per aver tentato di rubare le capre del sovrano. Mentre lo stavano portando a palazzo per essere giudicato passarono davanti al grande maestro che immediatamente riconobbe il suo allievo, questi chiese ai pastori:
"Dove state prendendo quest'uomo?"
Quelli risposero:
"E 'un ladro di capre! Lo stiamo portando dal re per la pena!"
L'insegnante ribatte':
"Per favore non fatelo. E 'uno dei miei studenti. Lasciatelo a me, in modo che possa essere un servitore della mia scuola".
Si misero d'accordo e lo lasciarono li. L'insegnante chiese a Mittavinda:
"Che cosa ti è successo da quando mi hai lasciato?"
Mittavinda racconto' tutto, alla fine il maestro gli disse:
"E 'chiaro che le tue azioni passate hanno provocato sia risultati spiacevoli che piacevoli, e che entrambi si sono finalmente completati. Ma tu non puoi capire che i piaceri devono sempre giungere a una fine, cosi' li lasci li dove la nostra avidita' li fa crescere sempre di piu' lasciandoci esausti e insoddisfatti, folli fino a tentar di prendere una capra per le gambe. Calmati, amico mio. E sappi che cercare di tenere l'acqua in un pugno stretto, non estinguera' la nostra sete!"
Sentendo questo, Mittavinda si inchinò rispettosamente al grande maestro e chiese di seguirlo come un suo studente. L'Essere Illuminato lo accolse a braccia aperte.


Nella pace della mente, non c'è né perdita né guadagno.

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