C'era una volta un cervo che era il capo di un branco di mille cervi. Egli aveva avuto due figli. Uno era molto magro e alto, con occhi luminosi e svegli, pelliccia liscia rossastra. Si chiamava Bellezza. L'altro era di colore grigio, magro e alto, e si chiamava Grigio.
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Ovunque
andiate... che i vostri piedi non inciampino, che le vostre braccia non
si indeboliscano e che le vostre parole siano veritiere. Allora le
vostre speranze saranno esaudite e le vostre iniziative avranno successo
(Fabio, da una Preghiera tribale del nord Thailandia).
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venerdì 30 novembre 2012
martedì 20 novembre 2012
sabato 10 novembre 2012
martedì 18 settembre 2012
Ramakian II (Riassunto della storia di Rama e Sita).
Kumphakan allarga se stesso per impedire che il normale corso delle acque del fiume raggiunga l’accampamento di Rama.
Vedendo che Phra Lak aveva prontamente recuperato la sua salute, Kumphakan allarga se stesso in modo da formare una diga per impedire il normale scorrere delle acque del fiume verso l’accampamento, vicino al monte Morakot, dove erano sistemate le armate di Rama, per una sosta di sette giorni e sette notti. Quando le acque cominciarono a seccarsi per l’armata delle scimmie cominciarono i problemi. Piphek pensando che il tutto fosse dovuto a una cerimonia magica consiglio’ a Rama di mandare Hanuman a interromperla.. Nessuno pero’ sapeva dove la cerimonia avesse luogo. Cosi’ Hanuman si trasformo’ in un’aquila e volo’ sopra il palazzo di Kumphakan. Qui scese e si trasformo’ in una dama di corte, in questo modo imparo’ che solo Naang Khantamalee e altre quattro persone sapevano dove fosse Kumphakan, dato che dovevano portargli fiori ogni giorno per celebrare la cerimonia.Hanuman si trasformo’ di nuovo in aquila e si scaglio’ contro Khantamalee colpendola a morte. Si trasformo’ poi nella stessa e si uni’ alle altre quattro donne che portavano fiori.Seguendo le quattro donne Hanuman arrivo’ al posto dove il fiume era bloccato. Qui torno’ nella sua forma normale, si getto’ nel fiume col suo fido tridente e inizio’ a combattere con Kumphakan. Quest’ultimo combatteva con la sua mazza ma contro Hanuman non c’era niente da fare. A Kumphakan non rimase che scappare, tornare a Lanka e raccontare tutto a Tosakan. Dopo queste vicende Kumphakan torno’ di nuovo in battaglia e fu ucciso da Rama.
Ramakian (riassunto della storia di Rama e Sita).
L’eremita Chanok compie una cerimonia per recuperare Naang Sida e ritornare con lei a Mathila.
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Chanok. |
Il demone Nanthok che si era reinincarnato come Tosakan, figlio di Tao Lastian e Naang Ratchada, divenne re di Lanka ed ebbe Naang Montho come moglie principale. Avendo mangiato un boccone di riso divino Montho diede i natali a una principessa che era un avatar o reincarnazione di Phra Laksamee, una moglie di Phra Narai. Piphek, fratello piu’ giovane di Tosakan predisse che la bambina crescendo avrebbe portato portato sfortuna alla famiglia dei demoni e ordino’ che fosse posta in una cesta e affidata alle acque del fiume perche’ la portassero lontano. Chanok, che in quel tempo aveva deciso di trascorrere un certo periodo di tempo come eremita, trovo’ il cesto che conteneva la bella bambina. Attratto dalla bellezza di questa decise che voleva adottarla. Ma finche' fosse durato il suo periodo da eremita non gli era permesso di farlo. Cosi’ decise di porre la bambina in un cesto rotondo e di seppellire il tutto sotto un albero banyan, chiedendo alle divinita’ di vegliare su di lei. Miracolosamente un fiore di loto apparve per ricevere il cesto con la bambina dentro.Quando arrivo’ il momento per Chanok di lasciare la sua vita da eremita e ritornare al suo trono nella citta’ di Mathila, Chanok era infatti re in questa citta’, celebro’ una cerimonia dell’aratura sacrificale e ritrovo’ il fiore di loto con il cesto, il fiore in quel momento era in fiore e emanava un denso profumo. Guardando all’interno del cesto vide che la bambina era cresciuta ed era ora una bella donna di 16 anni. La chiamo’ Naang Sida , che significa “segnata dall’aratura”.
sabato 22 ottobre 2011
Il prete che giocava con la vita.
C'era una volta un re che amava giocare a dadi con il suo prete, quando gettava i dadi, egli recitava sempre questa formula magica, pensando che gli portasse fortuna:
"E' la tentazione di ogni donna, di sicuro, abbandonare la fedeltà e agire in modo impuro".
Potra' sembrare incredibile ma utilizzando queste semplici, scaramantiche parole il re aveva sempre vinto! In poco tempo, il sacerdote aveva perso quasi ogni centesimo di sua proprietà.
Egli penso': "Ho perso quasi tutte le mie ricchezze che ho dovuto dare al re. Ci deve essere una causa per cui la sua formula magica funziona. Ho bisogno di trovare un modo per rompere l'incantesimo e riconquistare i miei soldi. Devo trovare una donna pura che non ha mai avuto nulla a che fare con un uomo, poi la rinchiudo nella mia casa e la costringo a rimanermi fedele! "
Questo sembrava un buon piano, ma poi comincio' ad avere dei dubbi, pensò: "E' sicuramente quasi impossibile tenere una donna pura dopo che ha provato degli uomini quindi devo trovare una donna più pura possibile, la piu' pura delle donne! Una che non ha mai visto un uomo"
Proprio in quel momento passava di li una povera donna incinta e il prete la osservo'. Lui era un esperto nella lettura del significato dei segni del corpo e il corpo di quella donna diceva chiaramente che il feto sarebbe diventato una ragazza. Quindi un pensiero gli passo' per la festa: "Ah! Ecco, solo una bambina che non e' ancora nata non ha mai visto un uomo!"
Il sacerdote era disposto a fare qualsiasi cosa per battere il re a dadi, così pago' la povera donna di rimanere nella sua casa e avere il suo bambino proprio lì, dove lui abitava. Quando la donna partori' una piccola bambina meravigliosa il prete la compro' dalla madre. Fece in modo che fosse allevata solo da donne, che non vedesse mai un uomo, tranne lui stesso. Anche quando crebbe la tenne costantemente sotto il suo controllo. Dire che era diventato il padrone di quella giovane donna e che lei era in una condizione peggiori di una schiava voleva dire aver visto il giusto.
Il crudele sacerdote aveva fatto tutto questo solo a causa della sua passione per il gioco. Mentre la ragazza cresceva aveva sempre evitato di giocare a dadi con il re, ora che era maggiorenne, e ancora sua prigioniera, trovo' il coraggio di sfidare il re ad una partita di dadi ancora una volta. Il re fu d'accordo. Dopo aver fatto le loro puntate, il re scosse i dadi e ripete' la formula magica:
"E' la tentazione ogni donna, di sicuro, abbandonare la fedeltà e agire in modo impuro".
Ma poco prima che il re gettasse i dadi, il sacerdote aggiunse::
"Tranne della mia donna che e' sempre fedele!"
Ed ecco,che la formula magica del re non ebba alcun risultato, egli perse quella scommessa, e da allora il sacerdote vinse ogni lancio di dadi.
Il re rimase perplesso da questa svolta degli eventi, dopo aver pensato a lungo giunse a una conclusione: Questo prete deve avere una donna pura rinchiusa in casa sua, una che è costretta a essere fedele a lui solo. Ecco perché la mia formula non funziona più.
Il re indago' e scopri' ciò che il prete crudele aveva fatto. Allora mandò a chiamare un noto dongiovanni, gli chiese se poteva fare in modo che quella donna cadesse fra le sue braccia Alla sua risposta: "Nessun problema, mio signore!" il re lo pago' profumatamente e gli disse di fare il lavoro in fretta.
L'uomo acquisto' una fornitura dei migliori profumi e cosmetici, poi apri' un negozio vicino al palazzo del sacerdote. Questo palazzo era di sette piani, con sette porte d'ingresso, una per ogni piano. Donne custodivano ogni porta, e a nessuno, tranne al prete era permesso di entrare.
Solo una serva serviva la donna tenuta prigioniera dal prete. Essa la accudiva e portava tutto cio' di cui c'era bisogno dentro e fuori, compresi profumi e cosmetici. Il prete le dava i soldi per acquistarli.
Il dongiovanni avendo visto la serva entrare e uscire dalla casa del sacerdote, si era ben presto reso conto che lei aveva accesso alla donna tenuta prigioniera e che per lui rappresentava sicuramente la chiave giusta per entrare. Prese informazioni su di lei, messe a punto un piano e ingaggo' alcuni complici per aiutarlo.
La mattina dopo, quando la serva ando' a fare la spesa, il dongiovanni drammaticamente cadde a terra davanti a lei, afferro' le sue ginocchia e piangendo gridò: «Oh mia cara mamma, è così bello rivederti dopo tanto tempo!"
Poi i suoi compari intervennero: "Sì, questa donna deve essere proprio lei Sembra la stessa persona, e' identica le mani e i piedi e il viso tutto la ricorda. Sì, questa deve essere lei!" Tutti dicevano quanto incredibile era che il suo aspetto fosse cosi' poco cambiato in tutto quel tempo.
La povera donna dalle informazioni che il dongiovanni aveva preso aveva avuto un figlio da cui si era separata da lungo tempo. e presto si convinse che quell'uomo doveva essere proprio il suo figlio perduto. Ella abbraccio' l'intelligente dongiovanni ed entrambi singhiozzarono lacrime di gioia per la loro riunione miracolosa.
Fra le lacrime l''uomo non perse occasione di chiederle:
"Oh cara madre, dove stai vivendo?"
"Io vivo nel palazzo della porta accanto, nel palazzo del prete reale. Notte e giorno servo la sua giovane donna. La sua bellezza è senza pari, come quella delle sirene che i marinai amano lodare."
Egli chiese: "Dove stai andando ora, mamma?"
"Sto andando a fare shopping per i profumi e cosmetici della mia padrona, figlio mio."
"Non c'è bisogno, madre," disse il dongiovanni "d'ora in poi io vi darò il meglio dei profumi e dei cosmetici gratis!"
Così fece e li diede a lei insieme a un bel mazzo di fiori.
Quando la donna tenuta prigioniera dal sacerdote vide profumi e cosmetici migliori della qualità che veniva acquistata al normale chiese perche' il sacerdote fosse cosi' prodigo con lei.
"No", disse la donna al servizio "questi non vengono dal sacerdote. Li ho avuti al negozio di mio figlio."
Da allora la domestica prese profumi e cosmetici dal negozio del dongiovanni e si tenne il denaro del sacerdote.
Dopo un po 'il dongiovani inizio' la seconda parte del suo piano, finse di essere malato e rimase a letto.
Quando la domestica ando' al negozio non vide il presunto figlio e chiese dov'era, le fu risposto che era troppo malato per lavorare. Chiese di poter andare a trovarlo. Gli chiese: "Cosa ti succede, figlio mio?" E inizio' a massaggiargli la schiena. Egli rispose: "Cosa vuoi che importi? Anche se fossi in punto di morte, ho potuto dire, 'mia madre'."
La donna disse: "Se ne sei in grado dimmi che cosa posso fare". Poi continuando nel suo progetto, il dongiovanni ammise con lei:
"Sono stato bene fino a quando mi hai raccontato della tua bella padrona 'Come le sirene che i marinai amano lodare' A causa della tua descrizione, mi sono innamorato di lei. Devo averla. Non posso vivere senza di lei. Sono così depresso, senza di lei io sicuramente moriro'! "
Allora la donna disse:
"Non preoccuparti, figlio mio, lascia a me."
La domestica prese ancor piu' profumi e cosmetici per donna del sacerdote. Le disse:
"Mia signora, dopo che mio figlio ha sentito, da me, della tua bellezza, si e' innamorato perdutamente di te. Ora e' gravemente malato e io non so cosa fare!"
Dal momento che il sacerdote era l'unico uomo che avesse mai visto la donna era curiosa e, naturalmente era risentita col prete che la teneva rinchiusa con la forza. Così disse: "Se riesci a farlo entrare nella mia stanza è tutto a posto per me!"
Le donne che stavano di guardia alle sette porte controllavano tutto cio' che la domestica portava dentro e fuori, cosi lei doveva elaborare un piano. Spazzo' tutta la polvere e lo sporco che poteva trovare nel palazzo, poi inizio' a portarne un po' da fuori ogni giorno in una grande cesta coperta di fiori. Ogni volta che veniva perquisita, faceva in modo che un po' di polvere e sporco cadesse sui volti delle donne di guardia. Questo le faceva starnutire e procurava loro una forte tosse. Ben presto esse smisero di perquisirla quando andava dentro e fuori.
Infine, un giorno la domestica nascose il dongiovanni nel suo cesto coperto di fiori. Cosi' lei fu in grado di farlo entrare, passarono tutti e sette i cancelli sorvegliati dalle donne e riuscirono ad entrare nella camera privata della signora del sacerdote. I due diventarono amanti e rimasero insieme per parecchi giorni e notti. Così il dongiovanni fu in grado di distruggere la perfetta fedeltà e purezza della donna, a cui lei era stato costretta dal freddo sacerdote.
Alla fine lei gli disse che era ora di andare. Egli rispose:
"Io andrò. Ma prima, dal momento che il vecchio prete è stato così cattivo con te, lascia che gli dia un bel colpo in testa!"
Lei accettò e lo nascose in un armadio. Anche questo faceva parte del suo piano segreto.
Quando il prete arrivò, la sua signora gli disse:
"Mio signore e padrone, sono così felice oggi! Mi piacerebbe ballare mentre voi suonate la chitarra."
Il prete disse:
"Certo, mia bellezza."
"Ma io sono troppo timida per ballare di fronte a voi, quindi vi prego di indossare questa benda mentre io ballo".
Ancora una volta il prete cedette alla sua richiesta e messe una benda sugli occhi.
Il sacerdote suono' una graziosa melodia con la sua chitarra indiana mentre la sua signora ballava. Dopo un po 'disse:
"Come parte della mia danza, permettete che vi dia un colpetto sulla testa?"
"Come vuoi, mia cara" fu la risposta.
Allora lei fece cenno al dongiovanni che usci' fuori e furtivamente da dietro colpi' il vecchio prete sulla testa! I suoi occhi quasi spuntarono fuori e il dolore comincio' ad aumentare per il colpo. Comincio' a piangere e la donna gli prese una mano nela sua. Gridò e la donnagli strinse la mano piu' forte. Egli disse: "Questa mano cosi' morbida può anche dare un colpo cosi' terribile, mia cara!"
Il dongiovanni ritorno' nel suo ripostiglio. La signora mise una benda al sacerdote e un po' d'unguento sul punto che era stato colpito. Quindi grazie alla presunta madre che lo porto' fuori nel cesto coperto di fiori il dongiovanni usci' dal palazzo. Andò subito dal re e gli raccontò tutta la storia, vantandosi il piu' possibile, naturalmente, e aumentando cosi' la ricompensa.
Il giorno dopo il prete ando' a palazzo come al solito, il re gli chiese: "Giochiamo coi dadi?" Il sacerdote pensando di vincere, come accadeva normalmente da rempo, si disse d'accordo. Come aveva sempre fatto il re recito' la sua formula magica:
"E' la tentazione di ogni donna, di sicuro, abbandonare la fedeltà e agire in modo impuro".
Come al solito il sacerdote aggiunse:
"Tranne della mia donna che e' sempre fedele!"
Ma i dadi caddero in favore del re che prese i soldi del sacerdote.
Il re disse: "Oh sacerdote, la tua donna non fa eccezione! La vera fedeltà vera non può essere forzata! Il vostro piano e' stato quello di strappare una neonata dalla madre, rinchiuderla dietro sette cancelli sorvegliati da sette guardie, e costringerla ad essere buona e fedele. Ma tu hai fallito. Il piu' grande desiderio di ogni prigioniero è la libertà!
Lei ti ha bendato e poi il suo amante, dongiovanni, ti ha dato una bella botta sulla vecchia testa calva, il che dimostra che le tue porte e le tue guardie erano inutili!"
Il sacerdote torno' a casa e accuso' la donna che si mise a piangere dicendo: "No, mio signore, io sono stata completamente fedele. Nessun uomo mi ha mai toccato se non voi! E io lo provero' con una prova del fuoco. Camminero' sul fuoco senza bruciarmi per dimostrare che dico la verità".
Poi ordino' alla vecchia serva di andare da suo figlio, il dongiovanni, doveva dirgli che il giorno dopo, al momento della prova, doveva prenderla per mano e impedirle cosi' di camminare fra le fiamme. Questo fu quanto la donna fece.
Il giorno della prova del fuoco, la signora del sacerdote disse alla folla di curiosi, "Non sono mai stata toccata da nessun uomo ad eccezione di questo sacerdote, il mio maestro. Se questo e' vero possa il fuoco non avere alcun potere su di me."
Poi, proprio quando lei stava per entrare nel fuoco, che il dongiovanni balzò fuori dalla folla e le afferrò la mano, gridando:
"Fermati, fermati! Come può essere così crudele questo sacerdote da costringere questa giovane donna a entrare nel fuoco!"
Lei scosse la mano libera e disse al sacerdote: "Mio signore, dal momento che questo uomo ha toccato la mia mano, la prova del fuoco è inutile. Ma si possono vedere le mie buone intenzioni!"
Il sacerdote si rese conto che era stato ingannato. Lui la picchio' e la caccio' per sempre. Ma finalmente lei si era liberata di lui ed era ora padrona del proprio destino.
Non si può obbligare qualcuno a essere buono.
La gru e il granchio.
C'era una volta una gru che viveva nei pressi di un piccolo stagno. Proprio accanto a questo c'era un grande albero con una fata che viveva in esso e che aveva imparato ad osservare i vari animali.
C'erano anche molti piccoli pesci che vivevano nel piccolo stagno, purtroppo per loro la gru aveva l'abitudine di afferrarli con il suo becco e mangiarli. A causa della siccita' che infestava la zona il livello dell'acqua nel laghetto stava diventando sempre più in basso, ciò rendeva più facile per la gru pescare i pesci, infatti diventava sempre piu' grassa.
Tuttavia, la gru si rese conto che non importa quanto fosse facile pescare i pesci, e non importa neppure quanti poteva mangiarne in quanto non si sentiva mai completamente sazia. Capito questo penso' che solo se avesse mangiato tutto il pesce nello stagno avrebbe trovato la vera felicità. "Quanti piu' ne mangio piu' saro' soddisfatta!" disse a se stessa.
Al fine di catturare tutti i pesci nello stagno, la gru fece un piano che le sembro' molto intelligente. Avrebbe ingannato i pesci, li avrebbe portati a fidarsi di lei, e a questo punto se li sarebbe mangiati. Era sicuramente un bel piano ed era soddisfatta di se stessa per averlo pensato.
Per cominciare, la gru si sedette sulla riva e per convincere i pesci a fidarsi di lei assunse una posizione tranquilla e ascetica, come quella che assumono i santi uomini nella foresta.
I pesci andarono da lei e chiesero: "Signora gru, a cosa stai pensando?" La gru che aveva assunto un aspetto da santo rispose: "Oh miei cari pesci, mi rende triste pensare sul vostro futuro. Sto pensando al prossimo disastro!".
I pesci dissero: "Signora gru, ma quale disastro sta venendo su di noi?" Al che la gru rispose: "Guardate intorno a voi! C'è pochissima acqua in questo stagno, siete inoltre a corto di cibo da mangiare, questa grande siccità è molto pericolosa per voi, poveretti".
Poi il pesce chiese: "Cara gru, cosa possiamo fare per salvarci?"
"Miei poveri, piccoli figli", disse la gru, "dovete fidarti di me e fare come dico. Se mi permettete di venirvi a prendere nel mio becco, vi porterò, uno alla volta ad un altro laghetto, uno stagno molto più grande di questo. E' pieno d'acqua e ricoperto di bei fiori di loto. Sarà un paradiso per voi!"
Quando sentirono la parte che riguardava il becco, i pesci divennero un po 'sospettosi, dissero:
"Signora gru come possiamo crederti? Dall'inizio del mondo, non c'è mai stata una gru che voleva aiutare i pesci. Le gru hanno sempre messo i pesci nel becco solo per mangiarli. Questo deve essere un trucco oppure non e' che stai scherzando?"
La gru alzò la testa e assunse un atteggiamento il piu' dignitoso possibile, disse: "Per favore non pensare una cosa del genere. Non vedi che io sono una gru speciale? Devi fidarti di me. Ma se non mi credete, lasciate venire un pesce con me, io gli mostrerò lo stagno che ho detto. Poi, quando torneremo qui saprete che ci si può fidare".
Il pesce si dissero l'un l'altro: "Questa gru sembra così dignitosa, sembra una gru onesta. Ma nel caso si tratti di un trucco mandiamo con lei un pesce inutile, piantagrane. Questo sarà un test." Poi andarono a prendere un pesce giovane che era noto per essere il piu' zuccone della scuola e lo spinsero verso la riva.
La gru chinò la testa e prese il piccolo nel suo becco, poi spiegò le ali e volò a un grosso albero che si trovava sulla riva di uno stagno bello e grande. Proprio come la gru aveva detto, era coperto di bei fiori di loto e il pesce fu molto sorpreso di vedere un posto cosi' meraviglioso. Poi la gru lo portò di nuovo al suo stagno piccolo e quasi privo d'acqua, proprio come aveva promesso.
Arrivato a casa, il pesciolino descrisse le meraviglie dello stagno che aveva visto. Sentendo questo, tutti gli altri pesci divennero molto eccitati e sperarono di essere fra i primi a partire.
Il primo passeggero fu quello che aveva fatto il primo viaggio, quello che era stato giudicato un'inutile piantagrane e che poteva essere sacrificato. Ancora una volta la gru lo prese nel becco e volò verso il grande albero sulla riva del nuovo laghetto. Il piccolo pesce era sicuro che la gru stava per farlo cadere nello stagno meraviglioso, invece, la gru improvvisamente lo uccise, inghiotti' la sua carne e lascio' cadere le ossa a terra.
La gru ritorno' al vecchio stagno porto' un altro pesce in volo e lo mangio' allo stesso modo, e allo stesso modo, uno dopo l'altro, inghiotti' fino all'ultimo pesce!
La gru era cosi' piena di carne di pesce che faceva fatica a volare, non riusuciva quasi a tornare al primo laghetto. Comunque qui giunta controllo' bene bene che non fossero rimasti pesci da mangiare. Poi notò un granchio che strisciava solitario lungo la riva fangosa, a quella vista si rese conto che non era ancora completamente soddisfatta.
Così si diresse verso il granchio e disse: "Mio caro granchio, ho gentilmente portato tutti i pesci in uno stagno meraviglioso e grande, non lontano da qui. Perché vuoi rimanere qui da solo? Se vuoi fare come i pesci hanno fatto, ti prendero' nel mio becco, sarò lieta di portarti lì. Per il tuo bene, devi avere fiducia in me. "
Ma il granchio penso': "Non c'è alcun dubbio che questa gru ha lo stomaco cosi' gonfio perche' ha mangiato tutti i pesci. Il suo ventre è così pieno non riesce quasi a stare in piedi. Di lei sicuramente non ci si può fidare! Se riesco a convincerla a portarmi a un nuovo laghetto e a farmi mettere in esso, tanto meglio. Ma se lui cerca di mangiarmi dovrò tagliarle la testa con le mie chele affilate"
Poi il granchio disse: "Mia cara amica gru, ho paura che io sono troppo pesante per voi da portare in becco, a causa di questo sicuramente mi lasceresti cadere lungo la strada, sara' quindi meglio che mi aggrappi al vostro collo e poi potrete tranquillamente portarmi alla mia nuova casa ".
La gru era talmente abituata a giocare brutti scherzi ad altri, che non penso' minimamente che altri potessero giocarli a lei, sarebbe stata la stessa cosa anche se il granchio l'afferrava per la gola e penso' "Eccellente! Questo mi darà la possibilità di mangiare la carne dolce di questo sciocco granchio che mi mostra la sua fiducia.".
Così la gru permise al granchio di aggrapparsi al suo collo con tutte le otto chele, il granchio afferro' il collo della gru con i suoi artigli affilati. poi disse: "Ora gentilmente portami al nuovo stagno."
La sciocca gru con il collo stretto nelle chele del granchio volo' vicino al nuovo laghetto ma fece per atterrare vicino a un albero, .
Il granchio disse: "Ehi tu, stupida gru hai perso la tua strada? Non mi stai portando allo stagno! Perché non mi porti a riva e mi metti dentro?"
La gru disse: "Chi stai chiamando stupido? Non devo aver preso da te, tu non sei mio parente. Suppongo che tu abbia pensato che ti ho hai ingannato a darti un passaggio gratis. Ma qui di furbe ce n'e' una solo. Basta guardare tutte quelle lische di pesce vicino a quell'albero per capire che ho mangiato tutti i pesci, e ora mangero' anche te, stupido granchio! "
Il granchio rispose: "I pesci sono stati mangiati perché sono stati abbastanza stupidi da fidarsi di te, ma nessuno si fiderebbe di te ora. Perché sei riuscita a ingannare il pesce sei diventata talmente presuntuosa che pensi di poter ingannare chiunque. Ma io non mi sono lasciato ingannare e ora ti tengo per la gola, quindi se uno muore muoriamo entrambi!"
Solo allora la gru arrivo' a capire in quale pericolo si trovava, quindi prego' il granchio:
"Oh signor granchio, ti prego di liberarmi. Ho imparato la mia lezione. Puoi fidarti di me. Non ho alcun desiderio di mangiare un granchio bello come te".
Poi volò giù verso la riva e ha continuato, "Ora ti prego di liberarmi. Ti prego di aver fiducia in me."
Ma il saggio e vecchio granchio capi' subito che di una gru non ci si poteva mai fidare, non importava quello che lei diceva. Sapeva che se avesse lasciato andare la gru, sarebbe stato mangiato di sicuro. Così le taglio' il collo con i suoi artigli, proprio come un coltello affetta il burro! E la testa della gru cadde a terra. Poi il granchio striscio' in tutta sicurezza nello stagno meraviglioso.
Nel frattempo, la fata curiosa era andata al nuovo stagno e aveva visto tutto quello che era successo. Seduto sulla cima di un grande albero, disse in modo che tutti gli dei potessero sentire:
"Chi e' vissuto di trucchi e menzogne non merita pieta' neppure nell'ora della morte!":
L'imbroglione che non e' piu' creduto,
venerdì 21 ottobre 2011
Il principe del male e il sant'uomo.
C'era una volta re Brahmadatta che regnava in Benares, egli ebbe un figlio, che crebbe fino a diventare un uomo abbastanza crudele, il tipo che deve dimostrare di essere piu' cattivo di tutti gli altri. Era un bullo che costantemente offendeva e maltrattava la gente. Ogni volta parlava alla gente con un flusso d'oscenità, il suo carattere era sempre arrabbiato come un serpente sibilante che è appena stato calpestato.
Le persone all'interno e all'esterno del palazzo fuggivano da lui come si fugge da un demone affamato, lo evitavano, dato che il solo stargli vicino era come un granello di polvere negli occhi. Alle stalle tutti lo chiamavano il 'Principe del Male'. In breve, non aveva veramente un bel carattere!.
Un giorno il principe decise di andare a nuotare, andò verso il fiume con i suoi servi e assistenti, improvvisamente divenne quasi buio come se fosse notte. Una tempesta enorme si stava avvicinando. Essendo conosciuto per il suo carattere duro e crudele il principe doveva sempre dimostrare che non aveva paura di niente. Così urlo' ai suoi servi: "Portatemi nel mezzo del fiume e fatemi il bagno, poi mi riporterete a riva."
Una parte del seguito esegui' i suoi ordini ma poi pensarono "Oggi abbiamo una grande possibilità! Qualunque cosa facciamo qui, il re non la potrà mai scoprire, quindi cerchiamo di uccidere il Principe del male. Con questo tempo il fiume sara' una trappola in cui andare a fondo. Vai buono a nulla!" E lo spinsero, lo gettarono e lo lasciarano andare nel fiume tempestoso.
Quando tornarono a riva, le altre persone che attendevano chiesero dove fosse il principe. Essi risposero: "Non lo sappiamo, quando la pioggia si e' avvicinata, deve aver nuotato più veloce di noi e deve essere tornato a Benares".
Quando tornarono al palazzo, il re chiese: "Dov'è mio figlio?" Dissero: "Non lo sappiamo, maestà. Quando la tempesta si avvicinò, abbiamo pensato: è tornato davanti a noi." Re Brahmadatta raccolse un gruppo dei suoi uomini che iniziarono a cercare il principe. Essi cercarono con grande cura, lungo tutte le rive del fiume, ma non riuscìrono a trovarlo.
Nel buio fra vento e pioggia il principe era stato spazzato via dal fiume in piena, per fortuna fu in grado di afferrare un tronco d'albero morto che galleggiava. Vi si aggrappo' freneticamente, con disperazione, temendo per la sua vita. Mentre veniva trascinato dalle onde il principe aveva una tremenda paura di annegare, piangeva come un bambino, terrorizzato indifeso!
Non molto tempo tempo prima di queste vicende, un uomo molto ricco era morto a Benares. Egli aveva sepolto il suo grande tesoro in riva al fiume, lungo lo stesso tratto in cui si svolgeva questa storia. La sua fortuna ammontava a 40 milioni di monete d'oro. Dato che era un uomo avaro e con un desiderio smodato per le ricchezze era rinato come un umile serpente, che ora strisciava sulla pancia mentre difendeva il suo tesoro.
In un'altro punto vicino alla sponda del fiume un altro ricco avaro aveva sepolto un tesoro di 30 milioni di monete d'oro, anche lui era avaro e dato che artigliava le ricchezze come un topo, come un topo d'acqua era rinato. Anche lui era rimasto a custodire il suo tesoro sepolto in quella zona.
Ed ecco. quando la tempesta si avvicinò, sia il serpente che il topo d'acqua dovettero abbandonare le loro tane che furono inondate dal fiume impetuoso. Nella paura di annegare entrambi si afferrarono al tronco che portava il principe spaventato, che in quel momento si stava lamentando, il serpente si arrampicò da una parte e il topo d'acqua dall'altra.
Nelle vicinanze c'era anche un alto albero di cotone con un giovane pappagallo appollaiato su di esso, quando la tempesta colpi' il fiume le radici dell'albero di cotone si spezzarono, il pappagallo si alzo' in volo, l'albero cadde nell'acqua. Quando il pappagallo cerco' di volare via il vento e la pioggia glielo impedirono e il pappagallo si trovo' sullo stesso legno morto in compagnia del serpente, del topo d'acqua e del Principe del male. Ora c'erano quattro creature sul tronco che fluttuava verso un'ansa del fiume.
Nelle vicinanze un sant'uomo viveva umilmente in una piccola capanna. era un Bodhisatta, un Essere Illumininato. Era nato in una ricca famiglia dell'alta classe di Kasi, quando era cresciuto, aveva rinunciato a tutta la sua ricchezza e alla sua posizione, ed era venuto a vivere da solo vicino al fiume.
Nel cuore della notte il sant'uomo senti' le grida di panico provenienti dal Principe del male e pensò: "Queste grida sono simili a quelle di un essere umano spaventato, il mio buon cuore non mi permette di ignorarlo, devo salvarlo."
Corse verso il fiume gridando: "Non avere paura, io ti salvero'!" Poi saltò nel torrente impetuoso, afferrò il tronco e uso' la sua grande forza per tirarlo a riva. Poi dopo aver aiutato il principe a rialzarsi sulla riva si accorse dei tre animali, porto' tutti nella sua capanna, anche se era poco accogliente. Pensando alla situazione da cui erano uscite quelle creature, sapendo chre sarebbero state meglio se si fossero scaldate, preparo' un bel fuoco, per primi fece scaldare gli animali intanto il principe rimase in attesa. Quando gli animali si furono scaldati tocco' al principe potersi scaldare. Poi porto' frutta e noci e ancora una volta ne diede prima agli animali mentre lascio' il principe in attesa.
Vedendo il comportamento del sant'uomo il principe del male si infurio':
"Quest'uomo stupido non si preoccupa affatto per me, un grande principe di sangue reale. Da' piu' importanza a quelle tre bestie." Pensare in questo modo lo porto' a odiare il Bodhisatta e a voler vendicarsi di lui.
Il giorno dopo l'eremita taglio' un tronco d'albero per farne pezzi di legna da bruciare in modo che i suoi ospiti potessero scaldarsi e per poter preparare loro il cibo. In pochi giorni i quattro erano forti e sani.
Il primo fu il serpente a dire addio all'uomo saggio. Avvolse il suo corpo, chino' la testa rispettosamente:
"Venerabile, avete fatto una grande cosa per me, io vi sono grato, e io non sono solo un povero serpente. In un certo luogo ho sepolto un tesoro di 40 milioni di monete d'oro, sono lieto di darle a voi. Tutto nella vita a un prezzo e voi mi avete salvato. Ogni volta che avrete bisogno di soldi, scendete la riva del fiume e chiamate forte: "Serpente! Serpente!"
Per secondo arrivo' il topo d'acqua a dire addio al sant'uomo. Si alzò sulle zampe posteriori e chinò il capo dicendo rispettosamente:
"Venerabile, avete fatto una grande cosa per me, io vi sono grato e io non sono stato sempre un povero topo d'acqua. In un certo luogo ho sepolto un tesoro di 30 milioni di monete d'oro, che volentieri do' a voi. Voi mi avete salvato e la vita non ha prezzo. Ogni volta che avrete bisogno di soldi scendete alla riva del fiume e chiamare forte "Topo! Topo!"
Tale grata generosità da un serpente e un topo d'acqua era sicuramente assai lontana dalla cupidigia e dall'avarizia che essi avevano nella loro precedente vite quando erano esseri umani
Poi venne il pappagallo a dire addio al sant'uomo, dopo aver chinato rispettosamente il capo, disse: "Venerabile, avete fatto una grande cosa per me, io vi sono grato, ma io non possiedo né argento né oro. Io sono solo un povero pappagallo, pero' se avrete bisogno delle migliori qualita' di riso scendete sulla riva del fiume e chiamare forte. 'Pappagallo! Pappagallo!' Io riuniro' tutti i miei parenti che verranno da tutte le foreste dell'Himalaya e vi porteremo carichi dei risi piu' profumati. Voi mi avete salvato e la vita e questo non ha prezzo!"
Infine il cattivo principe ando' a salutare il sant'uomo. Perché la sua mente era piena di veleno, per il modo come era stato trattato pensava solo alla vendetta e desiderava ucciderlo. Tuttavia, stranamante quando gli fu di fronte riusci' solo a dire: "Venerabile, quando diventero' re, venite da me e io vi daro' quello di cui avrete bisogno". Tornò a Benares e in breve ne divenne il nuovo re.
Dopo un po' di tempo il santo uomo decise di vedere se la gratitudine di quei quattro esisteva veramente. Primo scese sulla riva del fiume e gridò "Serpente! Serpente!" Al suono della prima parola, il serpente uscì dalla sua tana sotterranea, si inchinò rispettosamente e disse: "Sant'uomo, in questo punto sono sepolti 40 milioni di monete d'oro. Scava, prendile e portale con te!" "Molto bene", disse il santo: "Quando avro' bisogno verrò di nuovo".
Si congedo dal serpente, cammino' lungo la riva del fiume e gridò: '"Topo! Topo!" Il ratto d'acqua apparve e tutto ando' liscio come con il serpente.
Piu' avanti, gridò "Pappagallo! Pappagallo!", Il pappagallo volò giù dalla sua casa sulla cima degli alberi, si inchinò rispettosamente e disse: "Santo, avete bisogno di riso? Chiamerò i miei parenti e vi offriremo il miglior riso di tutta l'Himalaya". Il sant'uomo rispose: "Molto bene, quando avro' bisogno verrò di nuovo".
Infine ando' a trovare il re. Si avvicinò ai giardini reali e trovo' da dormire li' vicino. Al mattinata, in modo molto umile e dignitoso ando' a raccogliere cibo nella città di Benares.
Quella stessa mattina il re ingrato, seduto su un elefante reale magnificamente adornato, era uscito dalla reggia e stava visitando, accompagnato da un lungo corteo, la citta'. Quando vide l'Essere Illuminato che si avvicinava pensò: "Ah! Questo pigro vagabondo senza casa e' venuto per spremermi. Prima che possa vantarsi davanti a tutti di quanto ha fatto per me, devo farlo decapitare!"
Poi disse ai suoi servi: "Questo balordo deve essere mendicante che viene a chiedere qualcosa di valore. Non lasciare che il niente di buono si avvicini a me. Arrestatelo subito, legate le sue mani dietro la schiena, e frustatelo ad ogni angolo di strada, poi portatelo fuori dalla città per l'esecuzione e tagliateli la testa. Infine solleverete il suo corpo su un palo appuntito e lo lascierete visibile agli occhi di tutti. Questa e' la giusta fine dei mendicanti pigri! "
Gli uomini del re seguirono i suoi ordini crudeli, legarono il sant'uomo come un criminale comune. Lo frustarono senza pietà ad ogni angolo di strada poi si avviarono al luogo dell'esecuzione. Ma non importa quanto duramente lo picchiassero, quanto forte lo colpissero, egli manteneva la sua dignita'. Dopo ogni frustata egli semplicemente diceva in modo che tutti potessero ascolarlo: "Questo dimostra che il vecchio detto è ancora vero: 'Non c'è ricompensa a tirare un legno morto fuori da un fiume, per aiutare un uomo ingrato!'"
Alcuni dei presenti cominciarono a chiedersi perché egli diceva solo questo ad ogni angolo di strada, allora si dissero l'un l'altro, "Le pene di quest'uomo devono essere provocate da un uomo ingrato." Gli chiesero: "Oh santo uomo, hai fatto qualche servizio per un'ingrato?"
Egli racconto' tutta la storia e concluse: "Ho salvato questo re da una terribile alluvione, e il farlo ha portato questo dolore su di me che non ho seguito il detto dei saggi di un tempo, ecco perché ho detto quello che ho detto."
Sentita questa storia, il popolo di Benares si infuriò e si dissero l'uno all'altro, 'Questo buon uomo ha salvato la vita del re. Ma il re è così crudele che non ha riconoscenza. Come puo' un re simile portarci qualche beneficio? Può solo essere pericoloso per noi, prendiamolo! "
La loro rabbia si diffuse fra i cittadini di Benares che diventarono una folla, essi scagliarono contro il re frecce, coltelli, mazze e pietre. Poi ne gettarono il cadavere in un fosso a lato della strada. Successivamente elessero il sant'uomo loro nuovo re e gli affidarono il governo della citta'.
Poi un giorno il re decise di andare a vedere i suoi vecchi amici, cosi' si reco' con un grande corteo fino alla riva del fiume.
Egli chiamò "Serpente! Serpente!" Il serpente arrivo', saluto' con rispetto e disse: "Mio signore, se lo desiderate, siete i benvenuti vi porto al mio tesoro". Il re ordinò ai servi di scavare i 40 milioni di monete d'oro.
Andò a casa del topo dell'acqua e gridò: "Topo! Topo!" Anche lui apparve, offri' il suo rispetto e disse: "Mio signore, se lo desiderate, siete i benvenuti al mio tesoro". Questa volta servitori del re scavato 30 milioni di monete d'oro.
Allora il re chiamò "Pappagallo! Pappagallo!" Il pappagallo volo' al re, si inchinò rispettosamente e disse: "Se vuoi, mio signore, posso raccogliere il riso più eccellente per te". Ma il re santo uomo disse: "Non ora, mio amico. Quando il riso sara' necessario ne faremo richiesta a voi. Ora ti lascio, dobbiamo tornare in città."
Al suo arrivo a palazzo reale di Benares, il re aveva i 70 milioni di monete d'oro che furono messe sotto sorveglianza in un luogo sicuro.Fece fare una ciotola d'oro per ringraziare il serpente a cui aveva dato una nuova casa, un labirinto fatto coi migliori cristalli per ringraziare la riconoscenza del topo. e aveva una gabbia dorata, che si poteva aprire e chiudere dall'interno, da offrire in segno di riconoscenza al pappagallo.
Ogni giorno il re dava bignè di riso e il miele più dolce su piatti d'oro al serpente e il pappagallo e su un'altro piatto d'oro dava il riso più aromatico e profumato al ratto d'acqua.
Il re divenne famoso per la sua generosità verso i poveri. Lui e i suoi amici animali vissero insieme in perfetta armonia per molti anni. Quando morirono rinacquero tutti come meritavano.
La gratitudine è una ricompensa,
a sua volta premiata.
giovedì 20 ottobre 2011
Il principe e le diavolesse.
C'era una volta re Brahmadatta che regnava a Benares, nel nord dell'India. Il Buddha prima di nascere come tale si era reincarnato come il centesimo dei suoi figli ed era cresciuto fino a diventare un uomo giovane e saggio.
In quei giorni c'erano Buddha silenziosi che spesso si recavano a palazzo per ricevere offerte di cibo. Erano chiamati Buddha perché avevano raggiuto l'illuminazione, sapevano cos'e' la verità e come deve essere vissuta la vita, erano chiamati silenziosi perché non predicavano la verità. Questo perché sapevano che vivevano in un tempo in cui nessuno era in grado di capirla, essi tuttavia erano pieni di compassione dato che potevano vedere e capire l'infelicità di tutti gli esseri umani, i Buddha silenziosi avrebbero voluto aiutare chiunque lo avesse loro chiesto.
Un giorno il giovane principe stava pensando ai suoi 99 fratelli maggiori e si chiede se avesse qualche possibilità di diventare re di Benares, decise di porre il problema ai Buddha silenziosi.
Il giorno dopo quando essi andarono a palazzo per l'offerta di cibo il principe porto' acqua profrumata e lavo' loro i piedi. Poi essi si sedettero e lui servi' loro da mangiare. poi fece la domanda che gli stava a cuore: "Io sono il 100◦ in linea di successione al trono. Quali sono le probabilità che io possa diventare il re di Benares?"
Essi risposero: "Oh principe, con tanti fratelli maggiori non vi è quasi alcuna possibilità che tu possa mai essere re qui, tuttavia, forse puoi diventare re di Takkasila, se ci puoi arrivare in sette giorni questo puo' essere possibile. Ma sulla strada giusta, per arrivare in tempo vi è una foresta pericolosa, e' necessario prendere la strada che l'attraversa, in quanto ci vorrebbe troppo tempo andandoci per altre strade. Questa foresta è conosciuta col nome di "I legni dei demoni" perché è piena di tutti i tipi di queste infernali creature, diavoli, diavolesse, e anche bambini demoni. Le diavolesse passano la maggior parte del loro tempo sul ciglio della strada, sanno usare bene la magia e fanno in modo che edifici e intere città appaiono lungo il percorso.
Gli edifici hanno i soffitti decorati con stelle e splendidi divani, le pareti sono decorate con sete di vari colori. Sedute su questi divani, le diavolesse fanno in modo di apparire come le piu' dolci e più piacevoli delle dee. Con le parole grondanti di miele esse attraggono i viaggiatori dicendo: 'Hai l'aria stanca, vieni, siediti, ti offro qualcosa da bere e poi riprenderai la tua strada".
Coloro che si lasciano convincere sono invitati a sedersi, poi le diavolesse usano la loro bella apparenza fisica per intrappolare i visitatori accendendo i loro ardenti desideri, dopo che hanno dato sfogo a questi i viaggiatori vengono uccisi dalle diavolesse e mangiati mentre il loro sangue è ancora caldo!
In questo modo coloro che sono attratti dalla vista sono intrappolati dalle forme fisiche delle donne, coloro che sono attratti dal suono sono intrappolati dalle loro voci che cantano e dalla musica, coloro che sono attratti dagli odori sono intrappolati dai profumi divini che indossano, coloro che sono attratti dal gusto sono intrappolati dalla degustazione delle prelibatezze celesti che esse offrono. coloro che sono attratti dal tatto sono intrappolati dai loro letti morbidi e dai lussuosi divani in velluto.
Ma se, tu fiero principe, sei in grado di controllare tutti e cinque sensi, e puoi sforzarti ed evitare di guardare quelle belle seducenti diavolesse, allora potrai diventare re di Takkasila in sette giorni".
Il principe grato rispose: "Grazie, spettabili venerabili, seguirò il vostro consiglio. Dopo aver ascoltato i vostri avvertimenti, non correro' certo il rischio di guardarle!"
Poi chiese ai Buddha taciturni di dargli qualche amuleto speciale che lo proteggesse durante il pericoloso viaggio attraverso i Legni dei Demoni. Cosi essi salmodiarono le loro benedizioni su alcune stringhe che gli legarono al polso e su un po' di sabbia. Accettati i doni egli ringrazio' e saluto' rispettosamente i monaci, poi ando' a dire addio ai regali genitori.
Per primi vide i servi di casa e disse loro: "Vado a Takkasila per diventare re, dobbiamo salutarci dato che voi rimanete qui". Cinque di loro di loro volevano accompagnarlo:
"Vogliamo anche noi venire con te."
"No", disse il principe «voi non potete venire con me. Sono stato avvertito che sulla strada ci sono belle diavolesse che intrappolano le persone che non possono resistere ai desideri provenienti dai loro cinque sensi. Poi uccidono le loro vittime e le divorano mentre il loro sangue è ancora caldo. E' troppo pericoloso per voi, farò affidamento solo su me stesso e viaggero' da solo"
Ma i cinque non lo vollero ascoltare: "Se veniamo con te, oh principe, troveremo in noi stessi la forza per evitare di guardare quelle belle diavolesse. Ti accompagneremo a Takkasila".
"Se insistete, allora così sia", disse il principe, 'ma mantenetevi forti nella vostra determinazione. "
Coi loro poteri le diavolesse avevano previsto l'arrivo e li attendevano ai "Legni dei Demoni". Avevano magicamente creato un bel villaggio con belle case e palazzi lungo la strada. Così accadde che uno dei cinque servi del principe si lascio' facilmente incantare dalla vista della bellezza e delle curve dei corpi delle diavolesse. Comincio' a camminare piu' piano, a rimanere indietro per ammirarle. Il principe chiese preoccupato:
"Perché ritardi, mio amico? "
"Ho mal di piedi", disse l'uomo,"lasciami sedere e riposare un po' in uno di questi palazzi, vi raggiungero' dopo".
"Mio buon amico " disse il principe," quelle sono diavolesse, non hai scampo con loro! "
Accecato dalla tentazione del senso della vista, l'uomo rispose: "Mio signore, non mi posso allontanare da qui, qualunque cosa accadrà, lascia che accada!"
Dandogli l'ultimo avvertimento il principe continuo' con gli altri quattro.
L'uomo che era rimasto indietro si uni' cosi' alle diavolesse da cui era attratto, dopo aver giaciuto con loro le diavolesse lo uccisero e ne mangiarono la carne. Poi andarono oltre nella foresta e crearono un altro miraggio, una bella villa. Si sedettero e cominciarono a cantare le melodie più dolci, accompagnate dal magico suono di una gran varieta' di strumenti musicali. Uno dei servi del principe rimase incantato da quel suono, la bella musica e il dolce canto lo affascinarono. Anche lui rimase indietro, non fu inghiottito dalla musica ma mangiato dalle diavolesse.
Piu' lontano lungo la strada le diavolesse crearono un altro magnifico palazzo, questa volta era pieno di profumi divini, ogni stanza un profumo diverso. Fu la volta dell'uomo che amava i profumi a rimanere indietro e ad essere divorato.
Il principe stava perdendo tutti i suoi servi uno a uno, uccisi come era stato descritto dai monaci. Oltre, nella foresta, le diavolesse costruirono un favoloso ristorante, era pieno dei cibi piu' prelibati, cibo che emanava i suoi profumi e i suoi aromi a parecchia distanza. Fu l'appassionato di gastronomia, la persona appassionata di cucina ma che mai aveva sentito parlare di simili prelibatezze a rimanere indietro. Fu rinpinzato di cibo e poi divorato.
A questo punto non rimanevano che un servo e il principe, l'ultimo dei seguaci del principe era un uomo che amava il tocco del tessuto piu' morbido, suo massimo desiderio era perdersi nei comfort piu' lussuosi. Le diavolesse proseguirono nella foresta e a un certo punto crearono dei padiglioni con morbidi letti dalle coperte di seta e divani di velluto. Anche l'ultimo servo perse la testa, rimase indietro, trovo' la morte e fu rapidamente mangiato su una tovaglia di broccato.
A questo punto l'Uno Illuminato era rimasto solo e ancora non era fuori dalla foresta dei Legni dei Demoni. In quel momento una diavolessa pensava:
"Ah! Quest'uomo ha una menalita' davvero forte, che fra l'altro riesce a dominare, ma io sono ancora piu' determinata. Non mi fermero' fino a quando non avro' assaggiato la sua carne!"
Gli altri demoni ormai sazi avevano cessato la caccia, ma quella diavolessa era una persona di carattere e voleva portare a termine la caccia.
Mentre si avvicinavano al bordo della foresta, alcuni boscaioli li videro e chiesero alla donna: "Bella signora, chi è colui che cammina avanti di te?"
'Siamo sposi, "rispose la diavolessa mentendo," lui è mio marito, e' troppo puro cosi' scappa da me la nostra prima notte di nozze. Ecco perché lo sto' inseguendo".
I boscaioli si rivolsero al principe e gli chiesero: "Nobile signore, questo delicato fiore d'oro, questa giovane fanciulla dalla pelle morbida ha lasciato la sua famiglia per vivere con te. Perché non cammini con lei, invece di fare in modo che lei ti insegua?"
Il principe rispose: "Buona gente, lei non è mia moglie, e' una diavolessa. Ha ucciso i cinque uomini del mio seguito e li ha mangiati, mentre il loro sangue era ancora caldo!"
Al che la divalessa rispose: "Vediete com'e' la vita, signori, la rabbia può far dire ai mariti che le loro mogli sono demoni e fantasmi affamati! Tale sono le vie del mondo."
Continuando a seguire il principe, la determinata diavolessa magicamente si trasformo' in una donna incinta, poi in una donna con un bambino. Chi vedeva la coppia la interrogava proprio come avevano fatto i boscaioli. Ogni volta il Bodhisatta ripeteva:
"Non è mia moglie. E ' una diavolessa. Ha ucciso i cinque uomini del mio seguito e li ha mangiati mentre il loro sangue era ancora caldo!"
Finalmente arrivarono vicino a Takkasila. La diavolessa rimase sola e il bambino svani' nel niente,
Alle porte della città il principe si fermo' ed entrò in edificio per riposare. A causa del potere magico della sabbia e delle stringhe che aveva ottenuto dai Buddha silenziosi, la diavolessa, non era in grado di seguirlo all'interno, rimase fuori e si trasformo' per apparire bella come una dea.
Al re di Takkasila capito' di vederla mentre stava andando al suo giardino di delizie, sopraffatto dalla sua bellezza, decise che doveva averla. Mandò un servo a chiederle se era sposata. La bellissima donna, disse: "Sì, mio marito è dentro quest'edificio."
Sentendo questo dall'interno il principe usci' e disse:
"Lei non è mia moglie, e' un diavolo. Ha ucciso i cinque uomini del mio seguito e li ha mangiati mentre il loro sangue era ancora caldo!"
E la diavolessa ancora: "Vedi come è la vita, signore, la rabbia può far chiamare le proprie mogli demoni e fantasmi affamati dai loro mariti! Tali sono le vie del mondo."
Il servitore tornò dal re e gli raccontò quello che entrambi avevano detto. Al che il re rispose:
"Senza un proprietario i beni appartengono al re."
Così mandò un corteo reale a prendere la diavolessa e i servi la fecero sedere su un elefante reale. Quando lei giunse al palazzo, il re la fece di lei la sua regina numero uno.
Quella sera il re fece il bagno e uno shampoo, mangio' la sua cena e andò a letto. La diavolessa dopo cena si fece ancora più bella poi seguì il re nel suo letto. Dopo aver fatto all'amore con lui, si voltò su un fianco e cominciò a piangere.
Il re le chiese: "Perché piangi, mio tesoro?"
"Mio signore", disse, "tu mi hai raccolto dalla strada. In questo palazzo ci sono molte donne gelose, diranno, 'Non ha madre ne' padre, e' senza famiglia e paese. e' stata trovata su una strada.' Non lasciare che mi prendano in giro così, mio signore. Dammi il potere sul regno così nessuno oserà sfidarmi ".
"Mia cara" rispose il re, "Non ho un tale potere su tutto il regno, la mia autorità è solo su coloro che si ribellano o infrangono la legge." Ma dato che era così contento dal suo fascino fisico, il re continuò: "Mio amore, ti concedo piena autorità su tutti coloro che abitano nel mio palazzo."
Soddisfatto di questo, la nuova regina aspetto' fino a che il re si fu addormentato. Poi segretamente corse a casa sua nella città dei demoni, raccolse diavolesse, diavoli, e anche i piccoli affamati bambini-demoni, li porto' tutti a palazzo. Uccise il re e divorarono tutto di lui, tranne le sue ossa! Diavoli, diavolesse, bambini demoni mangiarono tutte le altre persone che vivevano nel palazzo compresi cani e galline! Mucchi di ossa rimasero all'intorno.
La mattina dopo la persone trovarono chiuse le porte del palazzo, preoccupati sfondarono le finestre con assi, entrarono e trovarono mucchi di ossa umane e di animali sparsi all'intorno. Solo allora si resero conto che l'uomo che stava nella casa di riposo aveva ragione e che la nuova regina era una diavolessa divoratrice di carne.
Nella notte del massacro l'Uno 'Illuminato si era protetto dalla furia omicida della diavolessa. Aveva sparso la sabbia incantata sul tetto e aveva avvolto con le stringhe che portava al polso le mura esterne. Era stato all'erta con la spada in mano, all'alba era ancora sano e salvo.
Dopo aver pulito il pasticcio nel palazzo i cittadini discussero la situazione tra di loro e pensarono:
"L'uomo della casa di riposo deve essere padrone dei propri sensi, dato che non ha neanche guardato la bellezza pericolosa della diavolessa. Se un uomo nobile, determinato e saggio governasse il nostro paese, noi tutti possiamo prosperare. Dobbiamo cercare di fare di lui il nostro nuovo re ".
Tutti furono d'accordo, si recarono alla casa di riposo e invitarono il principe a essere il loro nuovo re. Quando accetto' lo scortarono a palazzo, lo fece sedere su un mucchio di gioielli, e lo incoronarono re.
Regnò giustamente, seguendo le dieci regole del buon governo, evito' i quattro comportamenti che impedivano di ragionare: pregiudizio, rabbia, paura e follia. Ricordo' sempre il consiglio dei Buddha silenziosi, che lo avevano portato alla regalità. A differenza dei suoi cinque sfortunati seguaci, aveva resistito al desiderio cieco per i piaceri dei cinque sensi, avrebbe potuto far beneficiare a tutti i suoi sudditi di un governo improntato su saggie regole.
Vivendo solo per i piaceri dei loro sensi,
gli sciocchi ne restano divorati.
mercoledì 19 ottobre 2011
Phra Kong e Phra Phan.
Negli antichi giorni c'era una citta' chiamata Kamphaeng Phet, la citta' era governata da un re chiamato Sikaraj che aveva un figlio chiamato Phra Kong. Il re chiese a re Kalamesuan della citta' di Phetchaburi di far conoscere la figlia a Phra Kong. Piu' tardi dopo la morte di re Sirakaj, Phra Khong sali' al trono e cambio' il nome della sua citta' in Sriwichai.
Qualche tempo dopo la regina rimase in stato interessante e in seguito diede alla luce un bambino chiamato Phra Phan. Gli fu dato questo nome perche' al momento della nascita la sua fronte fu colpita da una bacinella che doveva essere utilizzata per accoglierlo e la parola phan significa appunto bacinella. Il re fu molto contento di avere un figlio che garantisse la successione e cosi' chiamo' a corte un astrologo che svelasse il futuro del nascituro.
Dopo aver consultato il suo libro l'astrologo disse che il bambino sarebbe diventato la persona piu' intelligente al mondo, senza nessuno che potesse eguagliarlo, poi l'astrologo si fermo, come che non volesse piu' parlare ma il re insistette, al che con voce tremante l'indovino disse che nel futuro il bambino avrebbe ucciso il padre.
Nell'udire la previsione, il comportamernto del re cambio' repentinamente, da una grande felicita' passo' a una grande tristezza ed era stupito non sapeva cosa fare. Certo non voleva uccidere il proprio figlio chiese ai servi di lasciarlo solo nella foresta, fuori della citta'. A quel tempo c'era una donna anziana chiamata Hom che faceva la contadina in quell'area. L'anziana donna si sorprese quando vide uno stormo di avvoltoi che facevano un gran rumore nelle vicinanze. Curiosa, la donna si reco' nell'area e trovo' un bambino abbandonato. Lo porto' a casa e si prese cura di lui fino fino a che non ebbe 15 anni.
Il giovane Phan era un bambino intelligente come era stato predetto e desiderava imparare, chiese quindi il permesso alla madre di fare un viaggio a nord con pochi amici. Lungo il viaggio arrivo' al tempo di Yai nella citta' di Sukhothai. Li trovo' rifugio dall'abate e studio' con lui. All'eta' di 20 divento' monaco buddhista e dopo due anni di monacato lascio' la vita ascetica per continuare le sue avventure.
Nella notte il re di Sukhothai sogno' una trave dorata che volava da sud e lui riusciva a prenderla e a fermarla. Quando si sveglio' racconto' tutto ai suoi ufficiali anziani che furono d'accordo nel dire che era un buon segno. Un giorno un elefante che era in calore ando' su tutte le furie e carico' uccidendo molte persone. Il suo padrone non riusci' a controllare l'animale. Le gente comincio' a correre per salvarsi la vita. Per controllare la bestia Phan l'afferro' per le zanne e le punto' a terra in modo che l'elefante non pote' piu' muoversi. Gli uomini della Divisione degli elefanti riuscirono cosi' a legarlo a un palo. Mescolato alla folla che applaudiva c'era il capo della divisione. Egli ando' ad informare il re su cio' che aveva visto, pensava che il brav'uomo sarebbe dovuto entrare nel servizio reale.
In seguito il re decise di adottare Phan come figlio, gli diede una casa e servi, grato per la generosita' del nuovo genitore Phan fece tutto cio' che gli era possibile per compensarlo. Nelle grazie del re di Sukhothai Phan fu promosso al grado di comandante in capo dell'esercito e elevato al rango di suo successore.
Piu' tardi il re di Sukhothai ebbe l'idea di espandere i territori del suo regno e vide che il regno di Sriwichai di Phra Kong diventava sempre e sempre piu' prospero e forte. Cosi' penso' di soggiogare questa citta', l'avrebbe data a Phra Phan, che intanto era diventato vicere', da governare. Cosi mando' il figlio adottivo ad attaccare Sriwichai.
Senza sapere perche' Phra Phan provo' dispiacere ad andare in guerra contro quel nemico, tuttavia mando' un messaggio al re di Sriwichai invitandolo a combattere a dorso di elefante.
Vistosi sfidare da quel giovane uomo il valoroso re divenne furioso e ordino' ai suoi uomini di prepararsi alla guerra. Mentre si preparava a montare il suo elefante il re provo' un gran dolore al petto. Subito penso' un cattivo presagio ma decise di non preoccuparsi del pericolo. Fiero del suo sangue reale il re non aveva alcuna paura di perdere la propria vita in battaglia.
Sfortunatamente mentre si recavano alla battaglia molti soldati morirono schiacciati da rami che cadevano da piante di fico. Il re fu amareggiato da quel tragico evento e penso' che qualcosa di brutto doveva sicuramente accadergli. Per nulla scoraggiato dai cattivi presagi il re affronto' coraggiosamente l'esercito di Phra Phan. I due combatterono faccia a faccia con armi da taglio. Alla fine Phra Phan fu ucciso da Phra Kong, che gli taglio' il petto forzando cosi' il suo esercito ad arrendersi incondizionatamente. Phra Phan guido' poi il suo esercito all'interno della citta' sconfitta e ne divenne il nuovo sovrano.
Dopo aver imposto nuove regole su Sriwichai Phra Phan entro' nel palazzo interno dove incontro' la vedova del re e i suoi servi. Alla presenza della donna Phra Phan provo' un forte sentimento, chi era quella donna che lo turbava in quel modo? Qual'era il motivo di quel turbamento? Cosi' prima che potesse commettere qualsiasi grave peccato Phra Phan fu ispirato da uno spirito guardiano a pensare bene chi poteva essere la regina. Lui non aveva mai conosciuto la sua vera madre, poteva la regina essere tale? Cosi' fece un voto: "Se quella donna era sua madre latte sarebbe dovuto uscire dai suoi capezzoli". Appena ebbe finito quel pensiero latte usci' davvero dal seno della regina, Phra Phan capi' cosi' chi veramente aveva davanti e le rese omaggio.
Allo stesso tempo dopo aver visto la cicatrice sulla fronte la regina capi' che la persona che stava guardando era suo figlio, cosi' gli racconto' l'intera storia. Phra Phan fu sommerso dal dolore sapendo che il re che aveva ucciso non era altri che suo padre. Si arrabbio' con la donna anziana che non le aveva raccontato la storia fin dall'inizio. Cosi' ordino' di cercarla e ucciderla.
Conoscendo la verita' Phra Phan perse il sonno e fu perseguitato dal pensiero di aver ucciso il padre. Un giorno senti' dire che c'erano cinque monaci Arahanta, monaci cioe' che avevano ottenuto l'illuminazione. che stavano entrando in citta', mando' i soldati a invitarli a palazzo dove racconto' il suo grave peccato. Chiese ai monaci di trovare un modo che riducesse la gravita' di quanto aveva fatto.
I monaci gli raccontarono allora una storia che era accaduta nel tempo in cui viveva il Buddha. Gli dissero di re Achatsatru che aveva ucciso re Pimphisarn che era suo padre, lo aveva fatto intendendolo fare e sapendo chi era l'uomo che aveva di fronte ed era finito all'inferno. Tuttavia nel suo caso egli aveva ucciso il padre senza sapere chi fosse e il suo peccato non era grave come quello di re Achatsatru. Per riparare in parte al suo peccato Phra Phan doveva costruire una pagoda e doveva essere alta quanto poteva volare un piccione.
Il re sebbene addolorato per quanto aveva fatto fu contento di seguire il consiglio. Immediamente ordino' di cercare la manodopera per costruire la pagoda, la costruzione richiese dieci mesi e quando fu finita si tenne una festa di dieci giorni e dieci notti. Phra Phan mando' poi offerte al re di Sukhothai che ricambio' mandandogli elefanti.
Il re non ebbe figli e mori' dopo 12 anni di regno, lascio' il trono senza nominare un successore. La notizia raggiunse il re di Sukhothai che guido' il suo esercito a catturare la citta' ma la trovo' deserta. Senza un re gli abitanti della citta' avevano trovato rifugio nella foresta o erano emigrati in citta' vicine. Cosi' il re di Sukhothai dovette tornare nel suo regno senza aver ottenuto niente. Tornando indietro vide un'area prospera e decise di costruirvi una citta' e designo' un'altro suo figlio a governarla.
martedì 18 ottobre 2011
Nang Nak.
C'era una volta una giovane coppia, i due erano fidanzati fin da giovani e si sposarono in giovane eta'. Il marito si chiamava Mak, mentre la moglie si chiamava Nak. Essi vissero insieme felici fino a che un giorno Mak fu chiamato a fare il servizio militare e dovette assentarsi per un anno, andando nella capitale. Egli dovette lasciare la moglie da sola, in lacrime e impaurita mentre stava aspettando un bambino. Mak disse addio alla moglie e le raccomando' di prendersi cura del bambino nato. Nak annui' con la testa e continuo' a piangere per tutto il tempo, Mak cerco' di consolarla e parti' col cuore pesante.
Da quel giorno Nak aspetto' il ritorno del marito giorno dopo giorno finche' passarono i mesi ma non ci fu nessun segno del suo ritorno.
Al momento di partorire il bambino Nak stette male, soffri' di forti dolori e mori' durante il travaglio insieme al bambino. In Thailandia questo tipo di morte e' chiamata "Tai Tang Klom" e le donne che muoino in questo modo diventano un fantasma molto feroce. Gli abitanti del villaggio celebrarono una cerimonia funebre per lei e seppellirono il suo corpo vicino a due alberi di hopea nel cimitero del tempio. Mak non fu informato della morte della cara moglie.
Fortemente attaccata al marito il fantasma di Nak rifiuto' di andare da qualsiasi parte, aspetto' il suo ritorno nella loro casa.
Subito dopo la morte di Nak chiunque caminasse di notte vicino alla casa poteva sentire le ninne nanne cantate da Nak da lunga distanza o vedere il fantasma che teneva in braccio il bambino. Al tempo stesso nessuno aveva il coraggio di andare vicino alla sua tomba. Un orrore macabro impauriva la popolazione quando era vicino a quel luogo, specie quando gruppi di cani ululavano in coro. Alcune persone che si erano avventurate per sfida e l'avevano incontrata faccia a faccia erano state male, avevano perso tutti i capelli e avuto alte febbri. La notizia del terribile spirito si diffuse in un baleno. Le persone erano cosi' tanto terrorizzate che solo a sentirne il nome tremavano dal terrore e i loro capelli si alzavano dallo spavento.
Una volta ci fu un esorcista che voleva fabbricare un nam man prai, filtro d'amore, dal suo corpo. Il nam man prai si ottiene dal mento di un corpo umano, l'esorcista penso' che se poteva ottenere la pozione dal corpo di una donna, morta in stato interessante, sarebbe stata ancora piu' potente. Cosi' celebro' una cerimonia e recito' parole magiche per far si che il corpo di lei si sedesse e lui con una candela ne potesse bruciare il mento. Sfortunatamente le parole magiche furono troppo deboli per far diminuire il potere dello spirito e l'esorcista dovette fuggire per salvarsi la vita altrimenti sarebbe morto strangolato sul posto.
L'essere stata disturbata rese lo spirito di Nak ancora piu' feroce, da quel giorno gli abitanti del villaggio vissero sempre di piu' nella paura e nel terrore. Per liberarsi dello spirito di Nang Nak gli abitanti del villaggio decisero di cercare un esorcista che potesse sopprimerla, se qualcuno pensava di poter aver successo in questo e se fosse riuscito ne avrebbe ricevuto una forte ricompensa, diversi provarono ma inutilmente.
Poi arrivo' il giorno in cui Mak fini' il servizio militare, felice corse a casa per vedere la cara moglie e il bambino. Al tramonto raggiunse la casa, moglie e figlio lo aspettavano. Fu contento di riunirsi a loro, li abbraccio', sua moglie gli preparo' la cena. Mak era il piu' felice degli uomini dato che poteva finalmente vivere con la sua famiglia. Visse con loro qualche giorno senza notare niente di inusuale. Era solo un po' sorpreso perche' la moglie raramente usciva e le poche volte che lo faceva non le permetteva di accompagnarla.
A dispetto dei grandi sforzi fatti da Nang Nak per tenere il marito lontano dalla verita' non pote' inpedirgli di arrivare a conoscere cio' che le era accaduto. Quiando Mak andava a lavorare al villaggio incontrava molti dei suoi amici che andavano a salutarlo. All'improvviso uno di questi amici espresse le sue condoglianze per la perdita della moglie del bambino. Mak fu profondamente perplesso nell'ascoltarlo e insistette sul fatto che egli viveva con la moglie e il figlio felicemente. Il suo amico cerco' di convincerlo che tutti al villaggio sapevano di questo e che lui stesso aveva aiutato a seppellire i corpi con le proprie mani.
Stancatosi per aver tentato di convincere Mak lo sfiduciato amico gli ricordo' di controllare un antico ma ben conosciuto detto e cioe' che un fantasma non sorride e non batte le ciglia ma sopratutto che un fantasma non ha un'immagine che si rifette nello specchio. L'amico disse a Mak di controllare e gli auguro' buona fortuna.
Tornando a casa Mak penso' alle parole dell'amico per tutto il tempo e gli sembrava impossibile quanto l'altro asseriva dato che lui poteva toccare il corpo della moglie d'altra parte si domandava quale ragione potesse avere l'amico per mentire e non ne trovava nessuna.
Per conoscere la verita' comincio' ad osservare i movimenti della moglie piu' da vicino.
Arrivato a casa sua moglie era occupata a preparare il cibo nella cucina. Egli scherzo' con lei e tento' di strapparle un sorriso ma la moglie non condivise il suo umore. Egli sbircio' allora i suoi occhi e fu sorpreso nel vedere che le ciglia della moglie non sbattevano. Cominciava ad avere qualche dubbio sullo stato di sua moglie ma si consolo' pensando che era una coincidenza. Per avere altre prove cerco' uno specchio ma non ne trovo' nessuno.
Usci e ritorno' repentinamente perche' aveva dimenticato qualcosa e in quel momento successe. Fece appena un passo in cucina e vide Nak pestare nam prik, una salsa di pasta di pesce e peperoncino mangiata con vegetali e pesce, inaspettatamente il lime usato come ingrediente cadde al suolo, occorre ricordare che le tipiche case thai del periodo erano su palafitte. Immediatamente Nak allungo' il braccio attraverso le assi del pavimento della loro elevata casa in legno per prendere il frutto caduto sul terreno.
Mak fu costernato nel vedere la scena scioccante che rischiava di farlo diventare matto. tremante di paura non poteva immaginare come poteva vivere tutta una vita con una moglie morta che si era trasformata in un fantasma. Nella tarda notte Mak era ancora sbalordito dall'orribile scena che aveva visto quel pomeriggio. rimase sveglio tutta la notte a pensare come poteva scappare da una moglie fantasma.
Nak noto' lo strano modo di comportarsi del marito e penso' che probabilmente lui aveva capito tutto, sapeva che era morta e si preparava a scappare lontano da lei, cosi' non gli permise di stare lontano dalla sua vista. Per cercare di scappare dal fantasma della moglie Mak disse che sarebbe uscito fuori per urinare ma Mak lo volle accompagnare.
Per convincere la sua sospettosa moglie Mak le disse di legarlo con una corda alla vita cosi' sarebbe stata capace di sentire i suoi movimenti. Immediatamente la moglie acconsenti' a questa idea. Mak cammino' diritto alla giara dell'acqua sottostante e rilascio' l'acqua dal buco che egli aveva chiuso durante il giorno. L'acqua cadendo produsse un rumore simile a quello dell'urina contro il pavimento. Mak poi si tolse la corda dalla vita, lego' con questa la giara dell'acqua e corse lontano dalla casa il piu' in fretta possibile
Lungo tempo dopo l'uscita del marito Nak chiamo' il suo nome, quando non ricevette risposta Nak, allora tiro' la corda che risulto' ancora legata ma qualcosa non la convinceva e lei usci' perr vedere cio' che Mak stava facendo ma l'unica cosa che pote' vedere era che il marito era sparito. L'amareggiato e furioso fantasma corse per inseguire il marito che aveva trovato rifugio nell'edificio consacrato delle assemblee in mezzo a monaci buddhisti che stavano salmodiando.
Siccome era un edificio consacrato, demoni e fantasmi non potevano entrare nell'area, L'infelice Nak si mise a piangere per Mak e promise che non avrebbe fatto del male va nessuno se lui fosse tornato a vivere con lei. Mak rifiuto' la supplica e le chiese di lasciarlo solo dato che ora loro vivevano in mondi separati. Lui avrebbe ottenuto meriti per lo spirito di lei cosi' che lei sarebbe rinata e non si sarebbe preoccupata per lui.
Incapace di convincere il marito ad andare con lei Nak si trasformo' in un orribile fantasma con una lunga coda e comincio' a minacciare di morte chiunque ponesse ostacoli fra lei e il suo amore. Per calmare lo spirito l'abate disse a Nak di accettare la verita' e cioe' che lei era morta che non poteva piu' vivere nel mondo degli umani, doveva cessare la profanazione, la morte era un evento naturale a cui sono soggette tutte le creature sulla terra.
Il fantasma furioso rispose all'abate di non interferire con i suoi affari personali e lo avverti' di occuparsi solo dei suoi doveri religiosi. Mak tuttavia non voleva che i monaci avessero problemi a causa sua cosi' corse via dall'assemblea consacrata e corse a ripararsi fra i cespugli di una pianta che si diceva inaccessibile ai fantasmi. Incapace di avvicinarsi al marito Nak poteva solo piangere per lui e aspettare che un giorno o l'altro venisse fuori.
Da allora ogni notte Nang Nak comincio' a spaventare la popolazione del villaggio, i poveri abitanti vivevano nel terrore, nessuno riusciva a sopprimerla, anche il piu' esperto esorcista doveva stare lontano se teneva alla propria vita.
Qualche tempo dopo arrivo' un giovane novizio buddhista che si offri' volontario per vedere di dare riposo al tormentato spirito. Dopo aver celebrato una cerimonia pose lo spirito di Nak in vaso di terra che pose poi sul fondo di un fiume. Sull'intero villaggio scese la pace. Alcune fonti dicono che fu il venerabile Somdej Phra Puttajran di Thonburi a sconfiggere lo spirito. Comunque sia lo spirito di Nak da quel momento trovo' il suo riposo, da allora persone da vicino e da lontano vanno a cercare il suo aiuto spirituale e chiedono al suo spirito di aiutarli nei problemi quotidiani.
lunedì 17 ottobre 2011
La maledizione di Mittavinda.
C'era una volta un monaco che viveva in un piccolo monastero in un piccolo villaggio. Era un monaco molto fortunato aveva conosciuto l'uomo piu' ricco del villaggio e questo lo aiutava e lo proteggeva. Non doveva mai preoccuparsi per niente, il suo cibo, i suoi abiti e tutto quanto aveva bisogno era sempre assicurato dal ricco signore.
Così il monaco viveva calmo e tranquillo, non doveva preoccuparsi della sua vita quotidiana ed era libero di comportarsi tranquillamente come si conviene a un monaco, cercando di eliminare i propro difetti perseguendo gli atteggiamenti giusti C'era un unico problema: non sapeva quanto era fortunato.
Un giorno un monaco anziano arrivo' nel piccolo villaggio, egli aveva seguito il sentiero della verità fino a quando questa non era diventata perfetta e impeccabile.
Quando l'uomo ricco vide questo monaco sconosciuto, fu conquistato dai suoi modi gentili e dal suo atteggiamento calmo. Così lo invitò nella sua casa, gli diede da mangiare, e si credeva molto fortunato di poter ascoltare il suo insegnamento da lui. Lo invito' poi a rifugiarsi presso il monastero del villaggio, dicendogli: "Ti verro' a trovare li questa sera, per assicurarmi che tutto vada bene."
Quando il monaco arrivavo' al monastero, incontrò il monaco villaggio. Si salutavano cordialmente. Il monaco del villaggio chiese: "Hai gia' pranzato oggi?" L'altro rispose: "Si, col protettore del monastero che mi ha invitato a rifugiarmi qui."
Il monaco del villaggio lo portò in una stanza e si lasciarono. Il monaco anziano si mise a meditare.
Più tardi quella sera, il ricco ando' in visita al monastero come aveva detto. portava bevande di frutta, fiori e olio per la lampada, in onore del santo uomo in visita. Chiese il al monaco villaggio, "Dov'è il nostro ospite?" Questi gli indico' la stanza che gli aveva dato.
L'uomo ando' nella stanza, si inchinò rispettosamente, e saluto' il monaco. Ancora una volta apprezzo' la verità che lui diceva, il suo modo di insegnare era raro ed impeccabile.
Quando inizio' a far buio accese le lampade e offri i fiori al santuario bel tempio del monastero, invito' poi entrambi i monaci a pranzo a casa sua il giorno dopo e torno' indietro.
Quella stessa sera il monaco del villaggio, che era sempre vissuto contento, permise al veleno della gelosia di insinuarsi nella sua mente. Pensò: "L'uomo ricco del paese ha reso facile la mia vita. Mi offre rifugio ogni notte e mi riempie la pancia ogni giorno. Ma ho paura che questo cambierà perché ha un'alta considerazione per questo nuovo monaco. Se egli rimane in questo monastero, il mio protettore potrebbe smettere di prendersi cura di me, devo fare in modo che il nuovo monaco se ne vada."
Con questi pensieri in testa se ne andarono tranquillita' e calma, la sua mente fu ottenebrata dalla gelosia, ebbe paura di perdere il suo benessere e il suo cibo quotidiano. Tutto questo creo' un malsano risentimento verso il monaco perfetto comincio' a intrigare e a fare piani per sbarazzarsi di lui.
Più tardi quella notte, come era usanza, i monaci si riunirono per concludere la giornata. Il monaco anziano parlo' nel suo solito modo amichevole, ma il monaco villaggio non parlo' con lui.
Così il monaco anziano capi che l'altro era geloso e risentito e penso': "Questo monaco non capisce la mia libertà, non capisce che non sono attaccato alle famiglie, alle persone e ai comfort. Io sono libero da qualsiasi desiderio di rimanere qui e sono anche libero da ogni desiderio di andare. Non fa differenza. E' triste che questo monaco non riesca a capire il non-attaccamento. Ho pietà per il prezzo che dovra' pagare per la sua ignoranza ".
Tornò nella sua stanza, chiuse la porta, e meditato' tutta la notte.
Il giorno dopo, quando fu il momento di andare a raccogliere cibo e elemosina dal patrono del monastero, il monaco del villaggio suonò il gong del tempio. Ma lo suonò leggermente, sfiorandolo . Neppure gli uccelli li vicino poterono udire il suono.
Poi andò alla stanza del monaco e bussò alla porta ma di nuovo la sfioro' leggermente neanche i topolini all'interno delle mura riuscirono a sentire il suono.
Dopo aver fatto il suo dovere ma in modo ingannevole, si recò a casa del ricco. L'uomo si inchinò rispettosamente al monaco, prese la sua ciotola per l'elemosina, e chiese: "Dov'è il nuovo monaco, il nostro ospite?"
Il monaco del paese rispose che non lo aveva visto, aveva suonato il gong, aveva bussato alla sua porta, ma ma non aveva ottenuto risposta. Forse il nuovo monaco non era abituato ai ricchi piatti che aveva mangiato il giorno prima, forse stava ancora dormendo, sognando la prossima festa. Forse questo è questo il tipo di monaco che piace così tanto al ricco signore!
Nel frattempo al monastero, il monaco anziano si svegliò si puli' e indosso' la sua veste. Poi con calma andò a raccogliere l'elemosina di cibo ovunque gli fosse capitato di trovarlo.
Il ricco intanto offriva al monaco del villaggio il cibo piu' ricco, delizioso e dolce, a base di riso, latte, burro, zucchero e miele. Quando il monaco ebbe mangiato a sazietà, l'uomo prese la sua ciotola, e la puli' con acqua profumata, poi la riempi' di nuovo con lo stesso cibo delizioso poi la restitui' al monaco dicendogli: "Onorevole monaco, il nostro santo visitatore deve essere stanco dal viaggio. Prendi il mio cibo come elemosina per lui." L'altro, senza dire nulla accetto' il generoso dono".
A questo punto la mente del monaco era prigioniera delle sue gelosie. Pensava: "Se quel monaco mangia questo pasto fantastico, anche se lo afferro per la gola e lo prendo a calci non vorra' andarsene! Devo segretamente sbarazzarmi di questo cibo. Ma se io lo do' a uno sconosciuto lo sconosciuto potrebbe parlarne, se lo butto via in uno stagno, il burro galleggera' sulla superficie e lo potrebbero scoprire, se lo butto via a terra, i corvi arriveranno da lontano per far festa, e anche questo sarebbe notato. Allora, come posso eliminarlo? "
Poi vide un campo che era stato appena bruciato dagli agricoltori per arricchire il suolo, era tutto coperto di carboni ardenti e getto' il riso sul carbone, il generoso dono del ricco fini' fra il fuoco. Il cibo' brucio' senza lasciare traccia e col riso se ne ando' la pace della mente del monaco del villaggio.
Quando tornò al monastero, trovò che il visitatore se ne era andato e comincio' a pensare: "Doveva essere un monaco veramente saggio Deve aver capito che ero geloso, che avevo paura di perdere la mia posizione favorevole. Deve aver capito che ero risentito e ho cercato di ingannarlo, che ho sprecato il cibo che era dovuto a lui e il tutto per cercare di mantenere la mia pancia ben piena. Ho agito male e ora andro' incontro a qualcosa di terribile. Cosa ho fatto? " Così, per non perdere il suo cibo quotidiano, ottenuto in modo facile aveva gettato la pace della mente e del cuore.
Per il resto della sua vita l'uomo ricco ha continuato a sostenerlo. Ma la sua mente fu sempre fra tormenti e sofferenze. Si sentiva condannato come uno zombie che cammina grignando i denti per la fame, o un fantasma che vaga di notte affamato.
Quando morì, il suo tormento continuo' e rinacque in un mondo infernale e soffri' per centinaia di migliaia di anni.
Infine, fece la fine di tutte le creature, mori' per rinascere. Ma i risultati delle sue cattive azioni passate erano solo in parte compensati e rinacque come un demone per cinquecento volte. In 500 vite solo un giorno ebbe cibo a sufficienza, la placenta che un cervo aveva perso nella foresta.
Poi rinacque per 500 volte come un randagio cane affamato. Per passare una vita con la pancia piena come monaco si era condannato a 1000 anni pieni di fame e in cui doveva litigare per il cibo. Nelle ultime 500 vite una sola volta ebbe abbastanza da mangiare, quando trovo' il pasto vomitato da una ghiandaia.
Finalmente le conseguenze di tutte le sue cattive azioni si estinsero ed allora pote' rinascere come essere umano. Nacque nella piu' povera delle famiglie, poveri mendicanti della città di Kasi, nel nord dell'India. Gli fu dato il nome, Mittavinda.
Al momento della sua nascita, questa famiglia era povera è divento' ancora più povera e miserabile, dopo alcuni anni il dolore per la fame era diventato così grande che divenne insopportabile, i suoi genitori lo picchiarono e lo cacciarono via per sempre, gridandogli: "Vattene per sempre, tu non sei altro che una maledizione!"
Povero Mittavinda! Molto tempo fa non aveva capito quanto era fortunata, era contento vivendo come un umile monaco del villaggio. Ma permise al veleno della gelosia di entrare nella sua mente per la paura di perdere il suo cibo quotidiano. Ciò lo aveva portato all'auto-tortura del provar risentimento contro un monaco anziano, era arrivato fino all'inganno negando all'altro un dono di cibo che gli era stato dato. Ci vollero migliaia di anni e una vita per riparare a tutte le conseguenze che aveva provocato. Cio' che egli aveva temuto solo le sue azioni lo avevano portato a provare.
La vita di fame continua del povero Mittavinda stava comunque per finire, dopo aver girato a lungo, senza una meta, decise di recarsi a Benares.
A quel tempo il Buddha stava vivendo una vita precedente come maestro di fama mondiale a Benares, aveva 500 studenti, come atto di carità, la gente della città, sosteneva questi poveri studenti fornendo loro il cibo, essi pagavano anche gli onorari dei maestri che insegnavano loro.
A Mittavinda fu permesso di unirsi agli studenti e di cominciare a studiare con il grande maestro. Da questo momento comincio' a mangiare regolarmente, ma a lui non importava niente degli insegnamenti del maestro, era disobbediente e violento, nel corso di 500 anni da cane affamato, litigare era diventata un'abitudine. Così continuamente faceva a botte con altri studenti.
Era cosi' cattivo che molti altri studenti interruppero gli studi pur di non averlo vicino. Il reddito del maestro diminui' fino a diventare inconsistente. A causa del suo carattere litigioso Mittavinda fu costretto a fuggire da Benares.
Si fermo' in un piccolo villaggio a una certa distanza da Benares, qui visse facendo l'operaio e lavoro' sodo. Sposo' una donna molto povera, ed ebbe due figli. Si seppe che aveva studiato con il maestro di Benares, così gli abitanti del povero villaggio lo scelsero per dar loro consigli quando c'erano problemi da risolvere. Gli avevano dato una capanna per vivere vicino all'ingresso del villaggio e cominciarono a seguire i suoi consigli.
Ma le cose non andavano bene, il villaggio fu multato sette volte dal re, sette volte le loro case furono bruciate e sette volte fu prosciugato il laghetto della città.
Cosa era successo? Cosa c'era di nuovo per dover sopportare tutto quello? Si resero conto che tutti i loro guai erano cominciati quando avevano iniziato a prendere consigli da Mittavinda. Così decisero di cacciare lui e la sua famiglia dal villaggio. Corsero dietro a lui e alla sua famiglia gridando: "Vattene per sempre, tu sei altro che una maledizione!"
In fuga si rifugiarono in una foresta, non sapevano che erano infestata da demoni che uscirono dall'ombra e uccisero e mangiarono moglie e figli, Mittavinda riusci' a fuggire.
Corse, corse e arrivo' a una una città portuale, era solo, triste e senza un soldo. Incontro' un ricco mercante della citta', un tipo veramente generoso, ascolto' la disgraziata storia di Mittavinda, ne fu commosso e dal momento che non avevano figli propri, lui e sua moglie decisero di adottarlo. Nel bene e nel male lo trattavano esattamente come loro figlio.
Il nuovo padre e la nuova madre erano molto religiosi e cercavano di far sempre cose giuste ma Mittavinda non aveva ancora imparato la lezione, lui non accettava nessuna religione per cui faceva spesso cose da condannare.
Qualche tempo dopo la morte di suo padre, la madre decise di cercare di aiutarlo ad entrare nella vita religiosa, per convincerlo gli disse "C'è questo mondo e c'è quello a venire, se si fanno cose cattive, si soffrono dolorosi risultati in entrambi i mondi."
Ma lo sciocco Mittavinda rispose: "Farò tutto ciò che mi piace fare per diventare più felice e sempre più felice. Non ha senso considerare se quello che faccio è positivo o negativo. Non mi importa di queste cose!"
Il sucessivo giorno di luna piena la santa madre di Mittavinda gli consigliò di andare al tempio e ascoltare per tutta la notte le sagge parole dei monaci. Egli disse: "Non vorrei sprecare cosi il mio tempo!" la madre gli disse: "Quando ritorni io ti darà un migliaio di monete d'oro."
Mittavinda penso' che con quei soldi poteva godersi la vita, fregarsi di tutto ed essere felice per tutto il tempo, cosi' andò al tempio. Si mise seduto in angolo, non presto' nessuna attenzione, sognava solo le monete d'oro con questo pensiero si addormento' e dormi' tutta la notte. Quando arrivo' il mattino torno' a casa per raccogliere la ricompensa per cui si era dato tanto da fare.
Nel frattempo la madre penso' che il ragazzo avesse cominciato ad apprezzare i suoi saggi insegnamenti, penso che sicuramente avrebbe portato a casa qualche monaco con lui, cosi comincio' a preparare cibi deliziosi per gli attesi ospiti. Quando vide il figlio tornare da solo gli disse: "Oh figlio mio, perché non hai chiesto al monaco anziano di tornare a casa con te per la prima colazione?"
Egli disse: "Non sono andato al tempio per ascoltare un monaco o per portarlo a casa con me. Sono andato solo per ottenere le vostre mille monete d'oro!" Sua madre ne fu delusa, ma intendendo insegnargli qualcosa gli disse: "Cosa importa il denaro? Guarda il cibo delizioso che ti ho preparato, preoccupati solo di mangiare e di dormire". Egli rispose: "Fino a che non mi dai i soldi, mi rifiuto di mangiare!" Così lei gli diede mille monete d'oro, solo allora lui divoro' il cibo fino a che tutto ciò che poteva fare fu addormentarsi.
Mittavinda comincio' a pensare che un migliaio di monete d'oro non erano sufficienti per godersi costantemente la vita, avvio' un'impresa e in breve tempo divenne molto ricco. Un giorno tornò a casa e disse: "Madre, ora ho 120.000 monete d'oro. Ma io non sono ancora soddisfatto, quindi andrò all'estero sulla prossima nave per fare ancora più denaro!"
Lei rispose: "Oh figlio mio, perché vuoi andare all'estero? L'oceano è pericoloso ed è molto rischioso fare affari in terra straniera. Ho 80.000 monete d'oro proprio qui in casa, e' abbastanza questo per te? Ti prego di non andare, sei il mio unico figlio! "
Poi lo tenne vicino a lei per impedirgli di andarsene ma Mittavinda era pazzo di avidità, cosi' respinse la mano di sua madree la schiaffeggio'. Lei cadde a terra, era ferita e sconvolta gli urlo' in faccia: "Vattene per sempre, tu non sei altro che una maledizione!".
Senza guardare indietro, Mittavinda si precipitò al porto e salpo' sulla prima nave in partenza.
Dopo sette giorni sull'Oceano Indiano, tutti i venti e le correnti si fermarono completamente, la nave rimase bloccata, ci fu acqua morta per sette giorni, tutti a bordo erano terrorizzati sarebbero morti.
Così tirarono a sorte le pagliuzze per scoprire chi era la causa della loro spaventosa e maledetta sfortuna, per sette volte la paglia piu' corta fu tirata dal Mittavinda!
Lo posero su una piccola zattera di bambù e lo lasciarono alla deriva in mare aperto, gridando: "Vattene per sempre, tu sei altro che una maledizione!" E all'improvviso un forte vento spinse la nave sulla sua strada, ma ancora una volta la vita Mittavinda fu risparmiata. Tutto quello che gli stava succedendo era il risultato delle sue azioni precedenti cominciando da quando aveva vissuto come monaco attraverso molte altre nascite fino a quel momento. Non importa quanto tempo ci vuole, le azioni producono sempre dei risultati. Anzi a volte un azione provoca più di un risultato, alcuni piacevoli e altri spiacevoli. Si dice, ad esempio che gli Asura vivono in modo inusuale attraverso tali risultati contrastanti. Essi sono dei sfortunati e brutti. Alcuni di loro hanno abbastanza fortuna per cambiare la loro forma in belle e giovani ragazze danzanti pur rimanendo dee, in questo caso sono chiamate Apsara. Godono dei più grandi piaceri per sette giorni ma poi devono andare in un mondo dell'inferno e soffrono tormenti come fantasmi affamati per altri sette giorni per espiare. Sempre cosi' avanti e indietro fino a quando entrambi i risultati delle diverse azioni si sono compensati.
Mentre galleggia sulla piccola zattera di bambù accadde cosi' che Mittavinda giunsesse a un bellissimo Palazzo di Vetro, li si trovavano quattro Apsara molto carine, cominciarono a passare il tempo insieme e si dedicarono a piaceri celesti per sette giorni.
Poi, arrivo' il momento per le dee di diventare fantasmi affamati, dissero a Mittavinda, "Aspetta qui per noi soli sette brevi giorni, torneremo e continueremo il nostro piacere."
Il Palazzo di Vetro e le quattro Apsaras scomparvero. Ma Mittavinda non aveva ancora riacquistato la pace della mente gettata via quando era monaco del villaggio, molto tempo prima, sette giorni di piacere non lo avevano soddisfatto, non poteva aspettare che le belle dee tornassero. Voleva sempre di più. cosi' contino' a navigare sulla piccola zattera di bambù.
Arrivo' a un palazzo di argento brillante con otto dee Apsara che vi abitano. Ancora una volta godette per sette giorni il più grande piacere l'ottavo giorno anche queste Apsara gli chiesero di attendere i prossimi sette giorni e scomparvero in un mondo infernale.
Incredibile come possano essere avide le persone Mittavinda, invece di aspettare, continuo' a navigare e arrivo' a un palazzo scintillante di gioielli dove si dedico' a sette giorni di piuacere con 16 Apsare. Ma all'ottavo giorno anche anche loro scomparvero. Poi trascorse sette giorni in un palazzo splendente d'oro con 32 delle Apsaras che erano erano sicuramente le più belle di tutte.
Ma ancora non era soddisfatto! Quando le 32 dee gli chiesero di aspettare sette giorni, partì di nuovo sulla zattera.
In poco tempo arrivò all'ingresso di un mondo infernale pieno di sofferenza e di esseri torturati che vivevano li a causa delle loro passate azioni. Ma il suo desiderio di provare piacere era così forte che Mittavinda credette di vedere una bella città circondata da mura con quattro porte favolose, penso': "Entro e mi faccio re!"
Quando entro' c'era una delle vittime di questo mondo dell'inferno, aveva un collare intorno al collo che girava come una ruota, con quattro lame da taglio ben affilate una per la faccia, una per la testa, una per il petto e una per la schiena. Ma Mittavinda era ancora così avido di piacere che non poteva vedere il dolore che aveva davanti ai suoi occhi. Invece di vedere l'orrendo collare viede una bella collana di fiori di loto, il sangue gocciolante gli sembro' polvere rossa di legno di sandalo profumato. E le urla di dolore dalla povera vittima la più dolce delle canzoni!
Si avvicino' e disse al poveretto: "Hai avuto questa bella collana di loto abbastanza a lungo! Dalla a me, che ho ben meritato di indossarla, ora." Il condannato lo avvertì: "Si tratta di un collare da taglio, una ruota di lame". Ma Mittavinda disse: "Tu dici cosi' perché non ci vuoi rinunciare".
La povera vittima penso': "Finalmente i risultati delle mie cattive azioni passate devono essere giunti a una conclusione. Come me, questo povero pazzo deve essere qui per aver colpito la madre. Gli darò la ruota del dolore." Cosi' rispose: "Dal momento che la desideri cosi' tanto prenditi la corona di fiori di loto!"
Appena disse queste parole la ruota di lame si scorporo' dal collo dell'ex vittima e comincio' a girare intorno alla testa di Mittavinda. Le cui illusioni in un momento scomparvero, d'improvviso Mittavinda capi' che non si trovava in una bella città ma in un mondo terribile dell'inferno, lui capi' che quella che aveva preteso non era una corona di loto ma una ruota da taglio con delle terribili lame e sopratutto capi' che non sarebbe diventato un re ma che era diventato un prigioniero. Gemendo di dolore si mise a gridare con voce sopraffatta dalla disperazione: "Riprenditi la tua ruota! Riprenditi la ruota!" Ma l'altro era scomparso.
Proprio in quel momento il re degli dei arrivo per una visita al mondo l'inferno. Mittavinda gli chiese: "Oh, re degli dei, che cosa ho fatto per meritarmi questo tormento?" Il dio rispose: "Hai rifiutatoe di ascoltare le parole dei monaci, hai agito senza nessuna saggezza, ma solo per dei soldi. Un migliaio di monete d'oro non ti hanno soddisfatto, e nemmeno 120.000. Accecato dall'avidità, sei arrivato a colpire tua madre e senza nessuno scrupolo hai continuato imperterrito sulla tua strada all'unico scopo di afferrare una ricchezza sempre maggiore.
Il piacere che potevano procurarti quattro Apsara nel loro Palazzo di Vetro non ti ha soddisfatto, ne' ci sono riuscite otto Apsaras in un palazzo d'argento, né 16 in un palazzo di gioelli. Neppure 32 incantevoli dee nel palazzo d'oro sono state sufficienti per darti un po' di piacere, sei stata accecata dall'avidita e il tuo desiderio era solo diventare re. Sei sempre e solo stato accecato dall'avidità e dal piacere. Ora, finalmente, hai la tua corona che per cio' che rappresenti e sei è solo una ruota della tortura mentre il tuo regno puo' essere solo un mondo infernale. Impara questo, Mittavinda, tutti coloro che seguono la loro avidità ovunque essa conduca sono per sempre insoddisfatti. Perché è nella natura dell'avidità di lasciare insoddisfatti di ciò che si ha, quando hai ottenuto qualcosa e' sempre un'altra quella piu' desiderata. Fino a quando il cerchio dell'avidità si chiude e diventa un cerchio di dolore."
Detto questo, il dio tornò a casa sua, il cielo del mondo. Allo stesso tempo, la ruota cadde dal collo di Mittavinda, con la testa che gli girava per un dolore tremendo si trovo' alla deriva sulla piccola zattera di bambu'. Ben presto arrivò a un'isola abitata da un potente diavolessa. Lei si era trasformata in una capra. Affamato Mittavinda penso' di afferrare la capra da una gamba posteriore. La diavolessa pronta gli diede un calcio tale che lo fece volare in aria. Alla fine atterro' in un cespuglio alla periferia di Benares!
Dopo che si fu districato dalle spine, vide alcune capre che pascolano nelle vicinanze. Stava troppo male per cercare di tornare ai palazzi delle Aspare, ricordando che era stato spedito li dal calcio di una capra si avvicino' a queste molestandole, sperando in un'altro calcio che lo rimandasse almeno sull'isola. L'unica cosa che successe fu che la capra si mise a urlare. Vennero i pastori e lo catturarono per aver tentato di rubare le capre del sovrano. Mentre lo stavano portando a palazzo per essere giudicato passarono davanti al grande maestro che immediatamente riconobbe il suo allievo, questi chiese ai pastori:
"Dove state prendendo quest'uomo?"
Quelli risposero:
"E 'un ladro di capre! Lo stiamo portando dal re per la pena!"
L'insegnante ribatte':
"Per favore non fatelo. E 'uno dei miei studenti. Lasciatelo a me, in modo che possa essere un servitore della mia scuola".
Si misero d'accordo e lo lasciarono li. L'insegnante chiese a Mittavinda:
"Che cosa ti è successo da quando mi hai lasciato?"
Mittavinda racconto' tutto, alla fine il maestro gli disse:
"E 'chiaro che le tue azioni passate hanno provocato sia risultati spiacevoli che piacevoli, e che entrambi si sono finalmente completati. Ma tu non puoi capire che i piaceri devono sempre giungere a una fine, cosi' li lasci li dove la nostra avidita' li fa crescere sempre di piu' lasciandoci esausti e insoddisfatti, folli fino a tentar di prendere una capra per le gambe. Calmati, amico mio. E sappi che cercare di tenere l'acqua in un pugno stretto, non estinguera' la nostra sete!"
Sentendo questo, Mittavinda si inchinò rispettosamente al grande maestro e chiese di seguirlo come un suo studente. L'Essere Illuminato lo accolse a braccia aperte.
Nella pace della mente, non c'è né perdita né guadagno.
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