La scuola Dvaravati si sviluppa fra il VI e l’XI
secolo, un periodo in cui il territorio thailandese era diviso in vari
principati, prima dell'arrivo dei Khmer e più tardi dei Thai. Essendo da poco finito il periodo dell'indianizzazione
che era durato al I al VI secolo l'arte Dvaravati ne e' ancora influenzata e
svolge un’importante ruolo nella propagazione della cultura indiana nella
regione.
Il regno Dvaravati era situato nella bassa valle
del fiume Chao Phraya, e si dirigeva verso ovest alla montagna Tenasserim
Yoma e verso sud all'istmo di
Kra. Questo regno era costituito da
persone che parlavano una lingua comune, il mon. Da piccolo regno a poco a poco
si espanse fino a comprendere una ventina di citta di cui tre furono le
principali e prevalsero come centri di insegnamento: U Thong, Lop Buri e Nakhon
Phanom.
A differenza dei regni pre-angkoriani del delta
del Mekong, che erano legati a Cina e India da una rete commerciale
internazionale, la Thailandia centrale era rimasta relativamente isolata, da
questo emerse un caratteristico stile mon-Dvaravati altamente sofisticato Anche se il Buddismo himayana sembra sia
stata la piu' importante religione, la presenza dell’induismo è ben attestata
da lingam monumentali presenti in tutta la regione e immagini dedicato a Vishnu.
Gli oggetti artistici compresero sculture in pietra, stucchi, terracotte e bronzi.
E' generalmente accettato che le citta'
Mon-Dvaravati si espadevano tentando di connettere il Golfo del Siam ad ovest,
il passo delle Tre Pagode verso la Birmania a nord, seguivano il corso del Chao
Phraya, poi andavano su verso lo Yunnan, a est verso il Vietnam. Le citta'
erano circondate da fossati tondi o ovali. Alcune avevano anche una forma a
conchiglia tanto che l'architetto Sumet Jumsai, persona famosa che ha lasciato
diverse sue firme nell'ambiente urbano di Bangkok, le definisce "centri
urbanistici a conchiglia", l'esempio piu' tipico si puo' vedere ancora
oggi in Lamphun. Citta' piu' tarde ebbero la forma di rettangolo, difese da
bastioni di pietra interrotti da portali in legno, l'esempio in questo caso e' Nakhon
Pathom.
Grandi monumenti buddhisti sorgevano all'interno delle citta' su fodazioni
di laterite su base quadrata, tonda o ottogonale fatta di mattoni. Anche l'edificio che ricopriva queste
immagini era noralmente fatto di mattoni.
Le statue di Buddha che sono arrivate a noi hanno
uno stile e sono fatte in materiali che sono facilmente riconoscibili e si
differenziano dalle scuole indiane e da quelle di Srivijaya e anche da quelle
Khmer. Il materiale utilizzato nelle
sculture e’ un calcare, che si trova nel sud-ovest, nelle colline a est di Lopburi
e di Ratchaburi. Una pietra fragile, scistosa, con linee torte. A causa di
questo per superare la debolezza del materiale gli scultori furono obbligati a
scolpire figure che all'apparenza apparivano troppo pesanti e rigide. La
fragilita' della pietra ha fatto si che la maggior parte delle statue siano
arrivate a noi con le mani spezzate ai polsi o
senza testa.
Due fattori sono comunque da considerare qui si
e' avuta la prima espressione di una statuaria veramente tipica del Sudest
asiatico, senza riferimenti a precedenti indiani, secondo le statue dvaravati
devono essere considerate per "la purezza e la parsimonia dei loro
allineamenti" e l'assenza di qualsiasi decorazione inutile. Esse "respirano il puro spirito del Buddismo".
Dato lo scarso numero di statue in bronzo trovate
si puo' giungere alla conlusione che il bronzo era abbastanza raro in epoca
Dvaravati, esse venivano dorate e avevano intarsiati con rame.
Le sculture, che sono state trovate soprattutto
in Nakhon Pathom, in Lopburi e in prossimità di Ayutthaya possono essere divise
in due tipi:
- Il Buddha in piedi con la mano destra
sollevata, a volte con entrambe le mani alzate. Due statue di questo tipo sono
oggi nel cortile di Wat Benchamabophit in Bangkok, altre nel museo di Phra
Pathom Chedi in Nakhon Pathom.
- Il Buddha seduto si ha in una grande quantita'
di pose e modi di drappeggiare le vesti. lo Buddha puo' essere rappresentato
seduto secondo la maniera indiana o quella eupoea. Nel primo caso la posizione
assunta e' simile alla posizione yoga virasana o posizione dell'eroe, con le
gambe piegate all'indietro e le palme dei piedi verso l'alto.
Sia i Buddha in piedi che quelli seduti in trono
utilizzano gli stessi mutra, il vitarka mudra, con entrambe le mani alzate, ma
a volte anche una sola con l'altra sui ginocchi con la palma verso l'alto, nel
gesto dell'insegnamento, con il pollice e l'indice a formare un cerchio.
Gli
esempi più belli di queste statue sono in Phra Pathom Chedi in Nakhon Pathom,
in Phra Men in Ayutthaya e nel Museo nazionale in Bangkok. Sono i quattro
Buddha, alti 4,3 metri e trovati nelle rovine di Wat Phramane da re Rama IV che
diede ordine di spostarli nelle suddette locazioni. Sono arrivati intatti fino
a noi dato che durono scolpiti in un blocco di dura quarzite.
Caratteristiche della scuola Dvaravati sono:
riccioli a spirale molto grandi tuttavia piatti
una bassa, semisferica Ushnisha, protuberanza sul
capo, a volte anche cilindrica
grande viso, palpebre superiori sottolineate
occhi dalla forma ellittica, leggermente
effusivi,
sopracciglia a rondine, sottolineate, strette.
corpo asessuato, come se fosse nudo sotto una
tunica apparentemente trasparente, senza pieghe.
Gli stili indiani che ebbero piu' influenza
furono l'Amaravati, il Gupta e il
post-Guptama senza pero’ traslasciare elementi locali. Cosi’ il Buddha
che medita protetto dal naga era gia' stata realizzata in Amaravati e anche in
Sri Lanka. Ma una novità per il sud-est asiatico continentale furono pose come
la Virasana e la Dhyanamudra tali statue sono state introdotte qui per la prima
volta. Le prime fanno riferimento alla posizione del diamante o posizione del
tuono, che è un'asana di Hatha Yoga. Il secondo Dhyanamudra è un mudra della
dottrina induista, nella tradizione yoga e buddhista realizzato con le mani e
le dita, ed è identificato come gesto della meditazione. Questo motivo è diventato in seguito
l'oggetto preferito degli scultori di tutta la regione, in particolare dai
Khmer in Angkor e nel periodo di Bayon.
Soli pochi bassorilievi sono arrivati fino a noi,
essi rappresentano immagini religiose,
che sono rese in modo meno pesante, piu' legggero di quelle prodotte dalla
statuaria. Questo perche' la fragile pietra a disposizione era piu' facilmente
lavorabile in modo bidimensionale. Piu' portati al plasmare che allo scolpire
essi si dimostrarono maestri nei bassorilievi e nelle figure in
terracotta.
Un tipo speciale di iconografia Mon, il
"Buddha su Panaspati" che non si trova da nessun'altra parte, e' dato da rilievi del Buddha, che sta' con un animale mitologico con il corpo di un toro,
le ali di un cigno e il becco di un'aquila. Il significato è sconosciuto, ma e'
utile richiamare il parallelo con la Trinita' induista Vishnu cavalca il Garuda, Shiva il toro
Nandi, Brahma il cigno. Come si vede gli stessi animali della rappresentazione
Dvarvati. La posizione di Buddha superiore rispetto all'animale potrebbe stare
a significare la supremazia del Buddismo sull'induismo. nelle sue mani il
garuda porta generalmente due fior di loto. A volte la figura mitologica
rappresenta un leone con la testa di un'aquila.
Bassorilievi sono stati utilizzati come
decorazioni sulle pareti di templi o per le pietre di confine, sema. Le
rappresentazioni principali venivano dal Tosachat come quelli che si trovano in
Phra Pathom Chedi.
Altri motivi molto utilizzati quello del Buddha
in meditazione con la testa del re naga Muchalinda che lo protegge contro le
intemperie. La scuola Dvaravati fu la prima a produrre questo tipo di
bassorilievi che era pero' destinato ad essere largamente usato, se ne
appropriarono anche i Khmer ad Angkor Wat e nel periodo Banyon. Altra
rappresentazione tipica dei bassorilievi
il Buddha che medita sotto l'albero bodhi.
il maggior numero di pezzi ritrovati nel periodo
Dvaravati e' rappresentano dalle tavolette votive. Esse sono divise in piu'
modi secondo il periodo di produzione e secondo le dimensioni della tavoletta
stessa. Per quanto riguarda il tempo si hanno due periodi: il primo e il
secondo periodo; il primo periodo va dal IV al VII secolo e rappresenta il
miracolo di Savatthi quando il Buddha confuse gli eretici, poche parole in
pali, scitte in alfabeto khmer descrivono la scena. Sono divise in base alle
dimensioni, la maggior parte vanno dai 5 ai 15 centimetri ma ce ne sono di piu'
grandi. Le tavolette del secondo periodo rappresentano il Buddha in
meditazione a volte con la Dhammachakra
a volte protetto da Mucalinda hanno forme ovali, quadrate o a bulbo di loto.
Sul retro ci sono iscrizioni in pali scritte in alfabeto Mon. Queste tavolette
furono sicuramente l'eccellenza di questa scuola.
Per concludere solo due parole per ricordare un
particolare contributo alla scultura Dvaravati fu dato dalla dharmacakra o Ruota
della legge. Esse furono il segno distintivo della scultura Dvaravati. Questi
simboli del primo sermone del Buddha furono eretti su alti pilastri e
posizionati nelle aree templari. Oggi buoni esempi possono essere visti
presso il Museo Nazionale di Bangkok.
Fu nel IX/X secolo che il regno Dvaravati cadde
sotto l'influenza politica di Srivijaya ma mantenne l'ntegrita' della sua arte e fu nell'XI che dovette veramente soccombere ai khmer guidati da uno dei
piu' importanti re di Angkor, Suriyavarman I (1002-1050 d.C.) che occupo' la
parte orientale mentre la parte occidentale la parte occidentale fu occupata
dai birmani guidati da re Aniruddha.
I posti migliori località per vedere Dvaravati
arte sono il Museo Nazionale di Bangkok, il Museo nella casa di Jim Thompson a Bangkok e il
Museo Nazionale U Tong.
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