Un articolo di Francesco Tortora in data 27/02/2014.
Ombre cinesi
Obama, il Dalai Lama e la Cina
Il ruolo degli USA tra le richieste tibetane di autonomia
e la dipendenza dal capitale cinese.
E il Dalai Lama sbarca anche su Instagram.
Bangkok - I
resoconti giornalistici all’indomani dell’ultimo incontro –in ordine di
tempo – tra la massima autorità religiosa e secolare del Tibet, Tenzin Gyatso, il IV Dalai Lama, ed il Presidente
della più potente Nazione del Mondo, ovvero il Presidente USA Barak Obama, si sono
condensati in una nuova acquisizione in termini di linguaggio della politica ma
– allo stesso tempo – nella maggior diffusione di un canone filosofico
basico nella secolare mistica buddista: “Il Giusto Mezzo”. Da quel momento, in
tanti – sia tra i giornalisti poco avvezzi a trattare questa materia sia
nell’uditorio più vasto, sebbene attento e curioso verso i temi della
Diplomazia internazionale – si è sparso il dubbio su cosa mai fosse questo
strambo “Giusto Mezzo”. Il ristretto gruppo di collaboratori del Dalai Lama
dipinge il “Giusto Mezzo” come null’altro che un grado superiore di autonomia
circa il cosiddetto “Grande Tibet” e da inscrivere all’interno del più vasto
quadro della Costituzione cinese. Ma – sebbene sembri che tutto questo sia
strettamente osservante della sovranità e della integrità cinese e non sia un
modo per procedere verso il richiedere nuovamente autonomia per il Tibet, è
evidente che agli occhi delle Autorità cinesi tutto questo vada a confliggere
con la Costituzione e lo stesso Sistema statale cinese, tant’è vero che
l’agenzia stampa ufficiale cinese Xinhua News Agency l’ha subito
bollata come fumo, specchietti per le allodole, falsità e camouflage.
Secondo il punto di vista
cinese, il “Giusto mezzo” non riconosce il Tibet come parte della Cina, anzi,
lo definisce come uno “stato occupato”. Inoltre, propone l’ideale di un “Grande
Tibet” nel quale confluiscano nelle aree tibetane le province di Qinghai,
Gansu, Sichuan e Yunnan, praticamente un quarto dell’intero territorio cinese e
richiede inoltre che tutti i campi di interesse nazionale, esclusi quelli di
tipo militare e la diplomazia, siano sotto il controllo diretto del Dalai Lama.
Tutto questo implica de facto la
creazione di uno Stato nello Stato dove uno dei due non adotta il sistema
socialista, non si assoggetta alle leggi nazionali ed alle politiche
intraprese, non permette la presenza di un apparato militare nazionale ed
esclude qualsiasi tipo di ingerenza da parte di altre “nazionalità”. Per i cinesi, crudamente, si
tratta solo di una specie di war game il
cui scopo finale è l’indipendenza del Tibet. Per essi, infatti,
la cosiddetta “Regione autonoma del Tibet”, dopo alcuni stadi iniziali
re-indirizzati verso la via dello sviluppo, compreso il processo “pacifico” di
liberazione, le riforme democratiche, la creazione di una regione autonoma ed
un clima di maggiore apertura verso la Cina moderna ed il Mondo intero,
dovrebbe coscientizzare che si tratta di un popolo ed una Nazione che sono
stati condotti nel consesso odierno internazionale, traendoli fuori dalle
secche ed anguste caverne della Storia medievale. I cinesi affermano che il
popolo tibetano è stato portato via dalla povertà e dall'arretratezza e
condotto verso la prosperità e la civilizzazione, ottenendo nel
frattempo, libertà, uguaglianza e dignità. Secondo loro, il cosiddetto “Giusto
Mezzo” richiesto dal Dalai Lama e dai suoi seguaci contraddice la Storia e lo
stato delle cose reali ed attuali. Quel che egli chiede è contro i desideri dei
cinesi e di tutti i gruppi etnici che convivono sul territorio cinese, compresi
i tibetani. Ecco perché i cinesi affermano che la via che propone il Dalai Lama
porta solo ad un binario morto. I cinesi auspicano, così, che Barak Obama sia
intelligente al punto di far capire al Dalai Lama che è il caso di fuoriuscire
dalla strada sbagliata e di non indurre ancora nell’errore delle false
valutazioni e delle cattive scelte, il tutto per il bene dell’intero popolo
cinese, un popolo che comprende quello tibetano. (Per la notizia completa di Francesco Tortora vedi l'articolo sull'Indro).
Francesco Tortora e' l'autore di "Da Thaksin a Yingluck: la Saga dei Shinawatra", il suo ultimo libro e dei precedenti "Note asiatiche", "Asian Diary. Storie di popoli e di individui nei Paesi dove sorge il sole", "Livin' in BKK. Everyday Life in Bangkok between Modernism and Tradition". per una sua breve biografia vedi: "Il mio diario - Francesco Tortora". Francesco Tortora e' il corrispondente asiatico dell'Indro.
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