Ovunque andiate... che i vostri piedi non inciampino, che le vostre braccia non si indeboliscano e che le vostre parole siano veritiere. Allora le vostre speranze saranno esaudite e le vostre iniziative avranno successo (Fabio, da una Preghiera tribale del nord Thailandia).

sabato 1 marzo 2014

Obama, il Dalai Lama e la Cina (Un articolo di Francesco Tortora).

Un articolo di Francesco Tortora in data 27/02/2014.


Ombre cinesi
Obama, il Dalai Lama e la Cina
Il ruolo degli USA tra le richieste tibetane di autonomia
 e la dipendenza dal capitale cinese. 
E il Dalai Lama sbarca anche su Instagram.

Bangkok - I resoconti giornalistici all’indomani dell’ultimo incontro –in ordine di tempo – tra la massima autorità religiosa e secolare del Tibet, Tenzin Gyatso, il IV Dalai Lama, ed il Presidente della più potente Nazione del Mondo, ovvero il Presidente USA Barak Obama, si sono condensati in una nuova acquisizione in termini di linguaggio della politica ma – allo stesso tempo – nella maggior diffusione di un canone filosofico basico nella secolare mistica buddista: “Il Giusto Mezzo”. Da quel momento, in tanti – sia tra i giornalisti poco avvezzi a trattare questa materia sia nell’uditorio più vasto, sebbene attento e curioso verso i temi della Diplomazia internazionale – si è sparso il dubbio su cosa mai fosse questo strambo “Giusto Mezzo”. Il ristretto gruppo di collaboratori del Dalai Lama dipinge il “Giusto Mezzo” come null’altro che un grado superiore di autonomia circa il cosiddetto “Grande Tibet” e da inscrivere all’interno del più vasto quadro della Costituzione cinese. Ma – sebbene sembri che tutto questo sia strettamente osservante della sovranità e della integrità cinese e non sia un modo per procedere verso il richiedere nuovamente autonomia per il Tibet, è evidente che agli occhi delle Autorità cinesi tutto questo vada a confliggere con la Costituzione e lo stesso Sistema statale cinese, tant’è vero che l’agenzia stampa ufficiale cinese Xinhua News Agency l’ha subito bollata come fumo, specchietti per le allodole, falsità e camouflage.


Secondo il punto di vista cinese, il “Giusto mezzo” non riconosce il Tibet come parte della Cina, anzi, lo definisce come uno “stato occupato”. Inoltre, propone l’ideale di un “Grande Tibet” nel quale confluiscano nelle aree tibetane le province di Qinghai, Gansu, Sichuan e Yunnan, praticamente un quarto dell’intero territorio cinese e richiede inoltre che tutti i campi di interesse nazionale, esclusi quelli di tipo militare e la diplomazia, siano sotto il controllo diretto del Dalai Lama. Tutto questo implica de facto la creazione di uno Stato nello Stato dove uno dei due non adotta il sistema socialista, non si assoggetta alle leggi nazionali ed alle politiche intraprese, non permette la presenza di un apparato militare nazionale ed esclude qualsiasi tipo di ingerenza da parte di altre “nazionalità”. Per i cinesi, crudamente, si tratta solo di una specie di war game il cui scopo finale è l’indipendenza del Tibet. Per essi, infatti, la cosiddetta “Regione autonoma del Tibet”, dopo alcuni stadi iniziali re-indirizzati verso la via dello sviluppo, compreso il processo “pacifico” di liberazione, le riforme democratiche, la creazione di una regione autonoma ed un clima di maggiore apertura verso la Cina moderna ed il Mondo intero, dovrebbe coscientizzare che si tratta di un popolo ed una Nazione che sono stati condotti nel consesso odierno internazionale, traendoli fuori dalle secche ed anguste caverne della Storia medievale. I cinesi affermano che il popolo tibetano è stato portato via dalla povertà e dall'arretratezza e condotto verso la prosperità e la civilizzazione, ottenendo nel frattempo, libertà, uguaglianza e dignità. Secondo loro, il cosiddetto “Giusto Mezzo” richiesto dal Dalai Lama e dai suoi seguaci contraddice la Storia e lo stato delle cose reali ed attuali. Quel che egli chiede è contro i desideri dei cinesi e di tutti i gruppi etnici che convivono sul territorio cinese, compresi i tibetani. Ecco perché i cinesi affermano che la via che propone il Dalai Lama porta solo ad un binario morto. I cinesi auspicano, così, che Barak Obama sia intelligente al punto di far capire al Dalai Lama che è il caso di fuoriuscire dalla strada sbagliata e di non indurre ancora nell’errore delle false valutazioni e delle cattive scelte, il tutto per il bene dell’intero popolo cinese, un popolo che comprende quello tibetano. (Per la notizia completa di Francesco Tortora vedi l'articolo sull'Indro).

Francesco Tortora e' l'autore di "Da Thaksin a Yingluck: la Saga dei Shinawatra", il suo ultimo libro  e dei precedenti "Note asiatiche", "Asian Diary. Storie di popoli e di individui nei Paesi dove sorge il sole", "Livin' in BKK. Everyday Life in Bangkok between Modernism and Tradition". per una sua breve biografia vedi: "Il mio diario - Francesco Tortora". Francesco Tortora e' il corrispondente asiatico dell'Indro.




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